domenica 7 novembre 2010
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Di famiglia si parla davvero tanto, molto anche a sproposito. È sempre al centro dei programmi politici e non c’è chi non si riprometta di difenderla e promuoverla. Non manca neppure chi vorrebbe cambiarla, chi s’improvvisa ingegnere sociale e perciò la declina sempre al plurale, assecondando mode e desideri incostanti. Ma se ne parla così tanto, qui in Italia, che si è persa la capacità di ascoltarla. E quindi di aiutarla davvero. La seconda Conferenza nazionale della famiglia, che si apre domani a Milano, è perciò un’occasione fondamentale, che non si può sprecare, anzitutto per recuperare il senso autentico del "fare famiglia" nella nostra società e individuare finalmente non solo strumenti concreti d’intervento, ma una politica organica che abbia la valorizzazione della famiglia come matrice sottostante.Inutile nascondersi che questo appuntamento atteso e importante rischia di risolversi invece in una vuota kermesse o, peggio, di cadere vittima di un deragliamento di senso. Le ultime vicende che hanno riguardato il presidente del Consiglio, le polemiche che ne sono seguite, hanno già pesato sulla vigilia della Conferenza. Fino a far decidere a chi l’ha organizzata, cioè il governo, cioè – in ultima analisi e per prima responsabilità – il premier, di compiere un mezzo passo indietro, anzi un passo di lato. Ad aprire le assise sarà, perciò, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega alle Politiche per la famiglia, Carlo Giovanardi. Un depotenziamento della conferenza stessa? Non è detto, dipende. Dipende dai partecipanti e dipende dagli uomini di governo che li hanno invitati e che ne sono gli interlocutori.Già, è proprio necessario ribadirlo, visti gli equivoci che si ripetono anche nei mass media: la Conferenza nazionale non è stata organizzata da un’associazione o «dal mondo cattolico», come pure è stato detto e scritto. È un’iniziativa della Presidenza del Consiglio. Il cui esito è appeso ovviamente alle parole e ai gesti che la caratterizzeranno e alle decisioni che contribuirà a preparare. E che riguardano non una polemica dell’oggi, ma il concreto futuro delle politiche per la famiglia, e dunque il futuro del Paese.Ha preso a circolare, nelle ultime ore, la voce che Silvio Berlusconi, nonostante la scelta di non pronunciare il saluto introduttivo, potrebbe partecipare all’evento, sedendosi in platea «ad ascoltare». Non sappiamo se andrà così. Certo, sarebbe un gesto assai significativo, persino esemplare. Quasi a dire: ho evitato strumentalizzazioni, non evito i problemi. Ma se anche ciò non dovesse fisicamente accadere, è importante che questa volontà di ascolto ci sia e si manifesti, e appartenga visibilmente al premier, all’intero governo e – per quanto possibile, sappiamo bene che ci sono diverse sensibilità e non poche insensibilità nei confronti della famiglia costituzionalmente definita: uomo-donna – dell’intero Parlamento.Prima di lanciare slogan, di far sfilare modelli preconfezionati, occorre infatti piegarsi sulla realtà, prendere atto dei problemi concreti che attanagliano la famiglia nel nostro Paese. Difficoltà a "metter su famiglia" a causa della precarietà del lavoro e dei valori, di cui soffrono soprattutto i più giovani. Impossibilità – troppo spesso – di conciliare attività di cura e professionali, così coartando di fatto le scelte procreative. Deficit di un sistema fiscale e di welfare tarato sull’individuo e non sul nucleo familiare.Già in passato la prima Conferenza nazionale sulla famiglia, con un’altra maggioranza di governo, fallì il suo obiettivo risolvendosi in un nulla di fatto: un’interessante sfilata d’esperti e ricette abbozzate solo per essere riposte subito nel cassetto. Oggi, più che mai, è invece necessaria una svolta decisa: occorre aprire alle famiglie la consultazione sulla riforma del sistema fiscale, senza riservare il confronto a sindacati e imprese; ci sono da rivedere strumenti applicativi come l’Isee; è necessario puntare con decisione sulla sussidiarietà per migliorare l’offerta dei servizi di assistenza, cura ed educazione di bambini e anziani.Non si tratta, insomma, di individuare qualche bonus o un paio di agevolazioni. Il drammatico calo demografico, la sfiducia nel futuro che segnala dicono che la famiglia deve diventare finalmente il perno di un’azione politica tesa al bene comune.
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