Credere nell'incontro per rammendare il Paese
sabato 24 novembre 2018

Caro direttore,
nella grande confusione cacofonica creata (ad arte) dal bipolarismo dell’odio e del disprezzo, è necessario uno spazio libero dalle parole cattive e dalle tecniche della derisione dell’avversario, quella in cui non si ascolta mai, si interrompe e si irride, come vediamo tutte le sere (o quasi) in tv. Tale spazio libero c’è già ed è sociale e cittadino: luoghi di incontro per l’audace convivere nell’articolazione delle esperienze e della diversità di opinioni. Ma deve esserci anche in politica: una politica fatta non di perenni lotte fra leader o liste elettorali di scopo, non costruita appositamente per il solito ceto politico, non fabbricata a freddo nei laboratori dei social media, ma intessuta di esperienze vere, di vissuto quotidiano, di esistenza reale dei cittadini, organizzati e no. Una politica che parta dai valori, che si costruisca dal basso, dalla vita vera. Una politica che senta l’urgenza, ma non abbia fretta e che costruisca con pazienza.

Per renderla reale tale politica ha bisogno del tempo dell’incontro. La parola chiave è quella utilizzata dal cardinale Bassetti: «rammendare» la trama sociale troppo sfrangiata della società attuale, per rispondere alla sfida dell’«emergenza solitudine», come questo giornale ha ben messo in evidenza. Vale per tutti, non solo per i cattolici. Rammendare e poi dare rappresentanza, rispettando le identità di ciascuno: quelle individuali, quelle associative e quelle sociali. Per tali ragioni con un gruppo di amici abbiamo lanciato "Democrazia Solidale". DemoS significa non partecipare alla retorica dell’odio che avvelena il Paese e intacca la tenuta della società. Per prima cosa è necessario un nuovo stile: ascoltare, capire, rispettare tutti, prendere ciò che è buono senza alimentare rancori, trovare le giuste mediazioni di una politica ragionevole. La contrapposizione e l’odio indifferenziato (come lo chiamava Hannah Arendt) sono una malattia dell’anima, dell’Italia e dell’Europa. Perciò bisogna dare spazio a qualcosa di diverso che si occupi davvero dei tanti problemi della società, delle famiglie e delle persone. Se la politica non può promettere il paradiso essa può e deve evitare l’inferno. In primo luogo, anche se tanto dovrà cambiare (ne siamo convinti), l’Europa rimane la nostra àncora di salvezza in un mondo turbolento: solo realizzando l’idea di integrazione europea ci salveremo dal diventare sudditi di altre potenze non democratiche. Crediamo dunque a un "sovranismo europeo" e non micragnosamente nazionale, per non fare la fine degli Stati italiani del 1500 che, da ricchi e litigiosi che erano, caddero sudditi di potenze straniere.

Crediamo che le famiglie italiane vadano aiutate e difese e che non si debba scaricare su di esse il peso di un "mancato welfare". Famiglie con malati di Alzheimer, di Sla o altre malattie rare a carico, famiglie con disabili o autistici che non si sa dove mandare dopo la fine della scuola, famiglie povere con abbandono scolastico dei figli, famiglie senza casa, famiglie numerose e così via. Ciò vale anche per chi vive da solo: chi è senza famiglia per scelta o per destino. Crediamo che ci sia bisogno di una maggior presenza dello Stato nei luoghi della difficoltà, dell’abbandono e della sofferenza: dalle periferie urbane e dalle zone periferiche d’Italia (zone abbandonate e interne, montane, non collegate) agli ospedali (umanizzare i pronto soccorsi sarebbe già un progresso); dalla fatiscenza degli edifici scolastici a ridare ruolo agli insegnanti; dall’integrazione dei migranti alla fuga dei cervelli; dalla cura dell’ambiente alla manutenzione del territorio; dall’analfabetismo funzionale alla mancanza di lavoro o al lavoro nero. Sappiamo che su ognuna di tali tematiche (e molte altre) c’è molta polemica e che grandi promesse miracolistiche o securitarie vengono proposte ogni giorno. E invece occorre "rammendare" ciò che esiste: fare cioè quello che può essere fatto subito, responsabilizzando, mobilitando, aggiustando, correggendo.

Se il ponte Morandi avesse ricevuto la normale attenzione e manutenzione, non sarebbe caduto. Questo chiediamo allo Stato. Molto dipende dalla solidarietà tra le istituzioni e i cittadini liberi o associati. Non concorrenza, ma collaborazione: questa è la giusta sussidiarietà in cui ognuno svolge al meglio la propria parte. Invece che di una eterna contrapposizione che fa male al Paese, crediamo che in Italia vi sia l’esigenza di politiche bipartisan per andare oltre l’emergenza perenne (strumentale per l’uso a fini di propaganda elettorale continua), in favore di politiche nazionali unitarie su alcuni temi, a iniziare da migrazioni, protezione del territorio, scuola e sanità. Su questo e altro con DemoS stiamo costruendo pazientemente una rete federativa. Vogliamo parlarci, incontrarci, discutere perché i social mai sostituiranno l’incontro diretto e personale. Insomma: una politica del "noi" invece che quella dei tanti "io" urlanti.
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