giovedì 23 dicembre 2010
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Caro direttore,le scrivo da cattolico credente, dopo le parole con cui il cardinale Bagnasco ha invitato tutti gli italiani a collaborare per il bene del Paese, superando le barriere politiche. I cattolici sanno che il cardinale Bagnasco – con tutto il rispetto – non ha detto cose nuove, ma cose che si sanno da duemila anni. Tuttavia una ripassatina non fa male. Il richiamo mi induce a esporre alcune riflessioni, avvertendo che non faccio politica attiva e parlo da uomo della strada. Non ho mai votato per Berlusconi e mi ha seccato moltissimo la sua uscita, subito dopo la vittoria del 2008, quando disse che era disposto ad accettare tutte le collaborazioni, ma che se l’opposizione si fosse intestardita sulle proprie posizioni, lui sarebbe andato per la sua strada, avendo i numeri per farlo; e che anzi avrebbe completamente ignorato la minoranza). Le parole forse non sono esatte, ma il significato è questo. Perciò, appartenendo io alla minoranza, sono fra quelli che l’attuale premier non considera. Eppure io sarei obbligato in coscienza a considerarlo mio premier, per quanto ha scritto secoli fa l’apostolo Paolo. Ora però salta fuori che Berlusconi è disposto ad "aprire" alla collaborazione dell’Udc o a singoli dell’Udc che intendano passare dalla sua parte. Ancora una volta Berlusconi cerca o accetta solo chi vuole lui. E allora mi domando: che collaborazione posso dare autonomamente e volontariamente a un uomo che accetta solo quelli disposti a dargli ragione? Io, a mio rischio, da laico battezzato, scelgo di non collaborare con uno che, per la parte politica che ho scelto, non accetterebbe mai la mia collaborazione. Non faccio politica attiva, quindi il mio no vale molto poco, ma scelgo così. O meglio: collaborerò quando anche Berlusconi seguirà l’invito del cardinale Bagnasco e smetterà di alzare preclusioni preconcette, ma accetterà di discutere con altri su idee diverse, pronto a condividerle senza pretendere che siano sempre gli altri a dover condividere le sue. Cordiali saluti.

Tarcisio Tilomelli, Vigarano Mainarda (Fe)

Trovo, caro signor Tilomelli che il suo pacato ragionamento sia largamente condivisibile. Uno dei problemi della nostra politica è anche quello che lei, a suo modo, tratteggia: le cose giuste vengono dette poco e male, le cose sbagliate sono gridate a tutto volume. E, giustamente, c’è chi non ne può più. Tuttavia, in questo momento ci sarebbe bisogno da parte di tutti coloro che hanno senso di responsabilità di quello che io ho chiamato un "di più". Che non a caso, ispirandomi al magistero del cardinal Bagnasco e dei nostri vescovi, ho descritto come una «scelta "gratuita" di servizio agli interessi primari del Paese». Un primo, essenziale, passo è certo quello di di saper riconoscere ciò che è utile e buono per tutti, anche a prescindere da chi lo dice. Ricambio i suoi cordiali saluti. (mt)
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