venerdì 13 novembre 2015
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Dal pulpito del Duomo di Firenze, dopo aver contemplato la Cupola del Brunelleschi e la scritta Ecce Homo dipinta sopra il Cristo, papa Francesco ha parlato di una Chiesa sinodale, di una comunità che è in cammino tutta insieme: sotto lo sguardo di Dio, attraverso le fatiche del mondo. Non solo ne ha parlato, ma ha mostrato concretamente come non abbia senso, oggi, limitarsi a semplici discorsi, magari belli ed efficaci. È ora di agire, di rendere ancora più visibile e più pieno l’impegno concreto dei cattolici al servizio delle realtà in cui si trovano a vivere. A Firenze, papa Francesco ha agito, con le parole e con i fatti. Si è rivolto al popolo di Dio, convenuto a Santa Maria del Fiore insieme ai suoi pastori, indicando i limiti e le opportunità con cui tutti noi dobbiamo fare i conti. Ha incontrato i poveri, gli emarginati, coloro che sono stati scartati da un sistema ingiusto, che tutto riduce a cosa e che tutto consuma. Ha ascoltato le storie di alcuni testimoni: storie di fallimenti e di riscatto, di vie apparentemente senza uscita e di nuove possibilità che sono state offerte da chi ha avuto il coraggio cristiano dell’accoglienza. Ha fatto vedere come l’umanesimo non sia un concetto astratto, ma esprima una prospettiva che va ripensata e realizzata giorno per giorno. Ha indicato a ciascun credente un cammino di conversione. Da tutto ciò Chiesa italiana, e le comunità provenienti dalle varie parti del nostro Paese che sono riunite a Firenze in questi giorni, sono sfidate nelle loro abitudini, nei comodi binari in cui scorre la loro vita, nei loro comportamenti consolidati. Il primo banco di prova in cui sarà possibile misurare quanto davvero incidono le parole e i comportamenti del Santo Padre verrà offerto proprio dai lavori – davvero intensi – del Convegno che si concluderà oggi. A verificarne l’efficacia, nella sostanza, sono chiamati tutti i delegati. Fin dall’inizio, d’altronde, l’incontro di Firenze era stato pensato dai vescovi in modo da favorire la più ampia e libera partecipazione. L’essere partiti per tempo nel concepirlo, più di due anni fa, ha reso possibile un esteso coinvolgimento delle realtà ecclesiali locali. La “Lettera invito” rivolta a tutte le Diocesi ha sollecitato contributi, provenienti da sensibilità ed esperienze concrete, a loro volta confluite nella Traccia, la quale ha messo a fuoco le diverse questioni da affrontare. La richiesta alle parrocchie di mettere in comune le esperienze quotidiane relative all’uscire, all’annunciare, all’abitare, all’educare, al trasfigurare – azioni verso cui il Papa c’indirizza nella Evangelii Gaudium – ha fatto sì che tante iniziative presenti sul territorio, portate avanti tra gioie e difficoltà, venissero conosciute e condivise dall’intera Chiesa italiana. Lo stesso uso del sito e delle reti sociali sta favorendo una partecipazione ai lavori che va oltre la presenza dei 2.500 delegati diocesani. In una parola: la realizzazione di quel cammino sinodale a cui il Papa ha invitato in Santa Maria del Fiore ha le sue premesse in un percorso che la Chiesa italiana ha compiuto, attraverso esperienze più o meno recenti, più o meno faticose, ma che comunque sono state tutte finalizzate a coinvolgere l’intero popolo di Dio a dare una testimonianza concreta alla luce del Vangelo.Oggi i delegati, le comunità, i cattolici tutti non hanno più alibi. Non è più possibile scaricare su altri le responsabilità di un’azione che ognuno di noi è chiamato a compiere. A ciò, concretamente, ci indirizzano le parole del Papa: a delineare insieme, a partire dalle esperienze compiute nel passato, un rinnovato impegno presente e scenari di futuro per il cattolicesimo italiano.
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