sabato 31 maggio 2014
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​Caro direttore,
«Il mondo soffre di molteplici forme di esclusione, emarginazione povertà, come pure di conflitti in cui si mescolano cause economiche, politiche, ideologiche e, purtroppo, anche ideologiche. In questo mondo, i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri, a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana che spinge alla solidarietà e all’impegno serio per una vita più dignitosa…». Parole di papa Francesco pronunciate lo scorso gennaio, in occasione della presentazione della 48ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, "inventata" da Paolo VI dopo il Concilio, si svolgerà domani, domenica primo giugno. Tema cardine di quest’anno è «La comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro». A me preme sottolineare che ancora una volta si tratta di un messaggio profondamente intriso dello spirito del poverello di Assisi, rivolto ai cattolici, ma con uno slancio capace di andare oltre le mura della Chiesa. Nel rivolgersi tanto ai credenti quanto ai non credenti o ai diversamente credenti, papa Francesco lascia intendere che etica e comunicazione non possono mai scindersi e chi fa il mestiere di cronista non può non tenerne conto. Infine il pontefice ci ricorda che «la neutralità dei media è solo apparente». Secondo lui «solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento. Il coinvolgimento personale è la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore». Come non essere d’accordo?
 
Mimmo Mastrangelo
 
Già, caro amico, come non essere d’accordo con ciò che papa Francesco ci dice sul nostro mestiere? E come non essere felici di sentirselo dire quando, nel dialogo con i nostri lettori e con ogni altro vero interlocutore, cercando di essere ogni giorno degni di una grande e cristiana tradizione di onestà informativa e di chiarezza di opinioni, si fa un giornale come questo?
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