venerdì 7 febbraio 2014
I siti di prenotazione padroni del mercato. L’Ue indaga.
di Giuseppe Matarazzo
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Turista fai-da-te? Ricordate la pubblicità di un famoso tour operator di qualche anno fa e recentemente ripescata? Ecco, oggi non è più un problema. Anzi. Siamo diventati tutti, in qualche modo, viaggiatori fai-da-te. E senza troppe sorprese. Alzi la mano chi – dotato di computer, tablet o smartphone – non ha mai cominciato il proprio viaggio con un "clic" o un "tap". La rete ci fa subito sognare. Ci guida. Ci offre proprio quello che desideriamo. E alla fine ci aiuta a trovare il percorso migliore, su misura per noi. La rivoluzione è in un acronimo: Olta, che sta per On Line Travel Agency. Tradotto in pratica, e con le dovute differenze: Booking.com, Expedia, eDreams, Trivago, Venere e tutto il resto della galassia. In questi siti troviamo direttamente e autonomamente tutte le informazioni necessarie al nostro viaggio. Possiamo valutare una molteplicità di proposte, effettuare virtual tour, confrontare posizione, prezzi, servizi. E con pochi clic prenotare contemporaneamente volo o treno, autonoleggio, e soprattutto l’hotel. In ogni angolo del mondo. In una e-mail riceviamo codici e biglietto elettronico... e via, si parte.
È il turismo 2.0, che ha ormai occupato il mercato, a servizio di un popolo di viaggiatori in continuo aumento (nel 2013 gli arrivi internazionali sono stati 1 miliardo e 87 milioni, il 5% in più rispetto al 2012) e sempre più globale grazie ai Paesi emergenti. E se persino gli italiani, più pigri di altri sul fronte Web e commercio elettronico, cercano l’89% dei viaggi e dei biglietti in rete, si capisce quanto sia forte il fenomeno.Eppure in questo mondo che ha reso i siti di prenotazioni on line i nuovi padroni del mercato, qualcosa sta cambiando. In Germania la scorsa estate ha chiuso i battenti la piattaforma Clever-Hotels.com, e qualcuno ha incominciato a parlare di inizio dello sboom, di bolla pronta a scoppiare. È così? È presto per dirlo. La realtà parla di un mercato in cui a farla da padrone sono i brand più noti. Booking ed Expedia controllano oltre il 65% delle vendite indirette di servizi turistici on line in Europa.
Un predominio al quale pochi resistono, salvo alcuni soggetti localizzati in aree regionali, come Hrs in Germania, o eDreams (del gruppo Odigeo) in Italia e Spagna. C’è un minimo comune denominatore nelle Olta: il viaggiatore sceglie la meta e loro offrono tutto quello di cui ha bisogno, peraltro garantendo politiche di cancellazione talmente favorevoli che il cliente può lasciarsi aperte anche più opzioni per lo stesso periodo, rinunciando a quelle meno interessanti solo all’ultimo. È anche per questi motivi che gli albergatori e le agenzie di viaggio tradizionali hanno sviluppato un rapporto di amore-odio verso le Olta: da un lato ne hanno bisogno per riempire le camere, dall’altro incominciano a temerne la forza eccessiva.
Un ruolo dominante, quasi un "cartello" di mercato, a cui la confederazione europea degli imprenditori del settore alberghiero e della ristorazione, l’Hotrec, ha incominciato a ribellarsi. Sotto accusa sono finite alcune clausole considerate vessatorie inserite nei contratti che le Olta fanno sottoscrivere agli hotel. Come quella relativa alla "nazionalità più favorita", cioè la possibilità di diversificare le offerte per gli ospiti abituali; o la "parità di prezzo", la cosiddetta parity rate, che obbliga gli hotel a offrire a tutti gli intermediari e nei propri canali privati la stessa tariffa minima, senza possibilità di sconti; o ancora la disponibilità (parity available) di camere e di prodotto (fra hotel e intermediari) che stanno alla base dei contratti fra le Olta e le strutture ricettive.
Ora gli hotel hanno chiesto alle Olta di annullare queste clausole in quanto «in contrasto con le leggi dell’Ue» e perché «ostacolano la libertà d’impresa». Inoltre si sono appellati alle istituzioni comunitarie con un manifesto in 13 punti, chiedendo di mettere il turismo al centro della politica economica e minacciando anche un ricorso formale all’Antitrust. Cosa c’è allora dietro il magico clic delle nostre prenotazioni on line? Chi ci guadagna? Tutto questo aiuta o limita il turismo? Il dibattito è acceso. Per un hotel essere nella vetrina di un sito di prenotazioni Internet costa fra il 18 e il 30% in commissioni a seconda della società di intermediazione, della popolarità, dei volumi che genera la struttura e del numero di camere offerte. Un costo di cui qualunque struttura vorrebbe fare a meno. Ma il punto è: ne può fare a meno? In questo momento no. Su un milione di persone che visita un sito di una Olta per decidere in quale struttura soggiornare in una determinata città, ce ne sono poche decine che visitano il sito specifico di un hotel. Ci sono strutture alberghiere che raccolgono da questi canali fino al 50% del loro fatturato, e anche se a fine anno devono versare una quota consistente di commissioni, la domanda è: avrebbero mai riempito quelle camere?
Con le Olta, insomma, bisogna fare i conti. Così la nuova vera sfida, per gli albergatori, è diventata quella di riuscire a trasferire il cliente dai siti di prenotazioni alla propria vetrina web. Non è una missione impossibile, anche perché spesso il viaggiatore, scelta una soluzione di soggiorno nel sito di un Olta, verifica direttamente sulla pagina della struttura la veridicità delle informazioni, o per scoprire altre curiosità e avere più dettagli sui servizi. Ed è lì che l’hotel può agganciarlo e "sedurlo". Non tanto con il prezzo per notte – considerata la parity rate imposta dalle Olta – quanto offrendo più servizi alla stessa tariffa o "pacchetti promozionali" per periodi speciali.
C’è poi un’altra strategia di difesa: raggiunto il tasso minimo di occupazione delle camere che copre le spese, la struttura può decidere – se ovviamente non ha un contratto di parity available – di chiudere la vendita sul canale Olta e di tenere aperta la vendita solo sui propri canali, gestendo direttamente le prenotazioni.Le Olta, insomma, hanno imposto un cambio di passo a tutti. Una rivoluzione. Che ha costretto gli hotel a investire in Internet e le imprese di trasporto e le compagnie aeree a offrire soluzioni complete anche sul web. E che ha favorito l’esplosione di siti di web reputation, come Tripadvisor, o di siti comparativi, tipo Kelkoo. Chi sta pagando il prezzo più alto di questo cambiamento, per ora, sono le agenzie di viaggio "tradizionali" che ancora non hanno intrapreso la strada della "multicanalità", in strada come sul web.
Quello del turismo è un mondo che si muove a velocità elevatissima. All’ultimo «Ttg» di Rimini alcune giovani start up hanno presentato applicazioni che sperimentano soluzioni nuovissime e innovative, come ad esempio l’eBay della ricettività: il viaggiatore arriva in una città e lancia un’asta fra gli hotel per ottenere il prezzo più basso e i servizi migliori. Sarà la nuova strada? Lo scopriremo nei prossimi anni, viaggiando e navigando, in rete. Anche se nessuna app ci potrà indicare la prossima meta e il piacere di scoprirne la meraviglia che c’è oltre lo schermo. Per tutto il resto bastano pochi clic.
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