Cinque passi in più
sabato 28 maggio 2022

Cinque passi in più. La Chiesa italiana accelera con decisione nel suo già lungo viaggio per combattere e prevenire gli abusi sessuali su minori. E decide di compiere un deciso salto in avanti, dando il senso di un impegno non solo irrevocabile ma già maturo, per consapevolezza, strumenti e impegni. Come a dire che di qui non si torna più indietro.

Risultato dell’Assemblea generale dei vescovi, che raccoglie e dà nuova forma all’ampio lavoro precedente messo in atto dalla Conferenza episcopale e dalle diocesi, le «cinque linee di azione» decise insieme e comunicate ieri in conclusione dei lavori non sono soltanto una novità, rilevante, ma segnalano un cambio di passo. Perché così la Chiesa italiana sceglie di consolidare quanto fatto sino a oggi con l’organizzazione di una rete sul territorio, già capillarmente tessuta e ampiamente operativa, puntando però ora anche su azioni inedite che la impegnano a mostrare come la sua decisione di far chiarezza e giustizia è autentica e credibile.

E sarà verificabile da tutti. Non un proclama per soddisfare talune attese di gesti eclatanti, ma fatti concreti, di lungo periodo, e soprattutto efficaci. Questo dicono l’annunciato «primo Report nazionale sulle attività di prevenzione e formazione sui casi di abuso segnalati o denunciati alla rete dei Servizi diocesani e interdiocesani negli ultimi due anni», un documento a cadenza annuale, destinato a essere esaminato da «un Centro accademico di ricerca»; e l’esame dei «presunti o accertati delitti perpetrati da chierici in Italia» tra 2000 e 2021 a conoscenza della Congregazione per la Dottrina della Fede.

La recente partecipazione della Cei «in qualità di invitato permanente all’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile» e il consolidamento sia dei Servizi diocesani per la tutela dei minori sia dei Centri di ascolto già attivi nelle diocesi completano i cinque passi deliberati dall’Assemblea episcopale, con i quali si va a disegnare quella che il cardinale Matteo Zuppi ha definito ieri «via italiana» alla tutela dei minori: un profilo di trasparenza, di fraternità e di giustizia che rispecchia il volto della Chiesa nel nostro Paese, la sua singolare prossimità alla vita della gente in qualunque luogo e condizione, i suoi talenti educativi e solidali, ancora popolari e convincenti, la sua compagnia fedele alle sofferenze dei più vulnerabili. A cominciare da quelle che lei stessa ha inflitto.

In questa azione sistemica – che coinvolge cioè tutta la Chiesa in ogni sua forma di presenza – c’è una promessa di fedeltà alle persone che non viene meno, mai, neppure quando si deve pagare di persona perché a procurare ferite alla gente che ci si è impegnati a servire sono stati i sacerdoti. Anche questo nuovo impegno pubblico nasce dallo stesso cuore che muove ogni altra azione pastorale: affrontare la realtà così com’è, saper riconoscere una ferita, chiamarla col suo nome, chinarsi su chi ne soffre gli effetti, specie quando sono devastanti, saper piangere insieme, caricarsi in spalla chi non riesce ad alzarsi, finché riprenda a camminare.

Avere a cuore, in altre parole, anzitutto ogni persona. Che nel caso degli abusi ha il nome di vittima, o quello ancor più amaro di sopravvissuto. Questo processo di risanamento e riconciliazione va fatto be- ne, richiede competenza, non ammette scorciatoie o sconti. Esige tempo, che nella società della fretta digitale pare un lusso che non ci possiamo più permettere, e invece è la garanzia della serietà di ciò che si in- tende realizzare: un progetto a cinque arcate destinato a diventare patrimonio permanente con cui la Chiesa italiana manda a tutti un messaggio di condivisione, quale che sia il prezzo della chiarezza alla quale pubblicamente si impegna. Non si può tradire l’umanità, non si deve tradire Dio-Amore. Il passaggio è decisivo e ci riguarda tutti. Il Vangelo chiama ad andare anche su questa nuova frontiera, gli 'estremi confini' di un annuncio coraggioso e limpido.

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