venerdì 7 gennaio 2011
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Per un secolo sono stati gli Usa ad anticipare tendenze che si sarebbero riproposte dopo qualche anno anche da noi. Ora è la Cina – alle prese con un drammatico problema di abbandono degli anziani – a rappresentare probabilmente l’avanguardia di un fenomeno sociale, che potrebbe diventare comune a buona parte delle società occidentali.Il governo cinese, infatti, sta predisponendo in questi giorni un emendamento alla legge sulla protezione degli anziani, per obbligare i figli adulti a visitare regolarmente i propri genitori, a garantirne il mantenimento, ma soprattutto a occuparsi dei loro bisogni psicologici, perché non si sentano trascurati o isolati. Secondo alcune stime, infatti, la metà circa dei 167 milioni di cinesi anziani vive da solo, spesso senza alcun aiuto e con pochi contatti sociali. Così anche le associazioni di volontariato saranno incoraggiate a fornire servizi a domicilio e maggiore assistenza alla popolazione più vecchia.Il fatto che – in una società orientata a tributare onore ai propri genitori, com’è nella tradizione asiatica – si debba ricorrere addirittura a una norma imperativa per garantire compagnia e assistenza agli anziani, la dice lunga sulla dimensione e profondità del problema. Che è insieme economico, sociale e culturale, ma trova le sue radici più profonde nella questione demografica. E quest’ultima – ecco il nodo – è comune anche a tante società europee.Il rovesciamento della piramide dell’età della popolazione – con un numero crescente di anziani, sempre più vecchi, a fronte di classi di giovani e bambini sempre più esigue – sta mettendo in crisi i sistemi economici e di welfare, tanto delle società occidentali quanto di quelle nuove tigri della produzione industriale, che hanno adottato politiche di stretto controllo delle nascite. Le maggiori spese per previdenza e cure sanitarie, infatti, devono essere finanziate attraverso le imposte e i contributi di un numero minore di giovani, creando scompensi e distorsioni. Inoltre, i progressi della medicina e l’allungamento della vita media hanno accresciuto enormemente il numero di persone della "quarta età" con problemi di autosufficienza. Genitori anziani e anzianissimi, che non vivono più in grandi famiglie allargate, ma la cui cura ricade invece sulle spalle di uno, massimo due figli.Nelle società occidentali, il problema – pure già avvertito – non è ancora esploso, perché a doversi occupare oggi degli 80-90enni è ancora una generazione molto ampia, quella degli attuali 40-50enni nati durante il boom economico. Nel caso della Cina, invece, la questione si è già fatta allarmante adesso, perché da 30 anni viene applicata la sciagurata politica del figlio unico. Che ha decimato le nascite e indotto alla selezione dei maschi ai danni delle femmine (tra l’altro più inclini ai compiti di cura familiare). La progressiva industrializzazione, con i fenomeni correlati di inurbazione e di migrazione per lavoro, ha fatto il resto, allontanando i figli dai genitori, che si trovano così senza assistenza e spesso senza mezzi.Ora, è chiaro che non c’è legge dello Stato che possa supplire alla mancanza di amore di un figlio verso il proprio genitore. Davvero, come dice un adagio napoletano, «’Na mamma campa cento figli, ma cento figli nun campano ’na mamma». Ciò che però dovrebbe preoccupare e far riflettere anche noi è soprattutto l’emergere progressivo di un’impossibilità materiale – vuoi per lontananza, vuoi per mancanza di tempo e risorse – per tanti figli di occuparsi pienamente dei genitori. A meno che il futuro che immaginiamo per i nostri vecchi non sia quello di affidarsi solo a case di riposo e a badanti. Se ce le si potrà permettere, beninteso.
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