martedì 29 luglio 2014
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Il nuovo segretario generale del Psoe (Partido socialista obrero de España) Pedro Sanchez è  ancora un enigma per gli osservatori politici, perché dopo essere stato eletto in base a un accordo tra i "baroni", cioè i capi regionali del partito, ha cercato di presentarsi come federatore di tutte le tendenze presenti, senza una precisa caratterizzazione politica personale. Tuttavia ha dichiarato «due punti di riferimento nel partito, in Spagna e in Europa: Felipe Gonzales e Matteo Renzi». Personalità alle quali attribuisce due qualità, essere «di sinistra ma anche riformisti». In questo quadro di famiglia spicca l’assenza di Luis Zapatero, con cui pure Sanchez aveva avviato la sua attività politica nazionale.Probabilmente l’implicita presa di distanza dall’ultimo premier socialista spagnolo riguarda soprattutto l’impostazione economica: Sanchez è un professore di economia e sicuramente non ha apprezzato le negazioni della crisi ormai evidente da parte di Zapatero, che poi ha dovuto adottare frettolosamente misure di austerità che apparivano imposte dall’esterno. L’obiettivo che il nuovo leader ha più insistentemente sottolineato è quello di attirare il ceto medio, come unico rimedio alla sconfitta elettorale del Psoe, che alle recenti europee ha perso due milioni e mezzo di voti raggiungendo il suo minimo storico. Privo di una storia politica rilevante (è stato consigliere comunale a Madrid e poi deputato nazionale, ma sempre subentrando a dimissionari, visto che non ha mai vinto una consultazione elettorale) secondo molti osservatori avrebbe solo il ruolo di "segretario cuscinetto", in attesa che la presidente dell’Andalusia, la sua grande elettrice Susana Diaz assuma la segreteria del partito o comunque ottenga la candidatura socialista alla presidenza del governo nelle prossime elezioni politiche. Tuttavia il 'capo' adesso è Sanchez e, da buon giocatore di rugby quale è stato, lui non sembra disposto a ricoprire un ruolo soltanto transitorio. Anche questa preoccupazione probabilmente lo spinge ad allargare al massimo lo spettro della sua offerta politica, che tende a presentare come in continuità con la tradizione socialista, ma anche consapevole dell’esigenza di una robusta correzione di rotta, della quale però non ha ancora fornito le direttrici principali. Su un tema caratteristico della più recente vicenda socialista spagnola, il laicismo portato da Zapatero fino ai limiti della rottura della pace religiosa, Sanchez si è mosso, in queste prime giornate, con abilità non disgiunta da qualche elemento di ambiguità. Dopo aver proclamato la laicità dello Stato come punto irrinunciabile dell’iniziativa socialista, ha declinato questo impegno su terreni abbastanza innocui, dalla esaltazione dell’emancipazione e dell’eguaglianza femminile alla condanna della violenza 'di genere', lasciando invece nel vago la questione della revisione dei rapporti con la Santa Sede, regolati da un trattato che a suo tempo il Psoe aveva dichiarato di voler rivedere unilateralmente.  Quello che molti considerano l’elemento principale di debolezza di Sanchez, la sua dipendenza dal consenso territoriale e la scarsa riconoscibilità del suo profilo politico, può trasformarsi, paradossalmente, nella sua arma vincente, almeno nella sinistra spagnola che attraversa una crisi profonda di cui approfittano formazioni di protesta come quella degli indignados. Sanchez può cercare di superare la sensazione di inaffidabilità dei socialisti sulle questioni economiche, che è stata in sostanza la molla del successo del Partido popular. Per ora si è impegnato a sostenere la richiesta di assistenza per la quota di disoccupati che oggi ne è esclusa, il che non rappresenta certo una svolta, ma pare intenzionato a tallonare Mariano Rajoy senza lasciare solo a lui l’onere (ma anche la soddisfazione visti i recenti risultati positivi) di contrastare la crisi economica e la colossale disoccupazione. D’altra parte, dopo la lunga deriva zapaterista, questo è uno spazio oggettivamente da riempire nella sinistra spagnola e un segretario debole può cogliere l’occasione.
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