Ciò che gli uomini pensano e le donne sanno rinnovare
sabato 30 maggio 2020

«Molto tempo dopo, Edipo, vecchio e cieco, camminava lungo la strada. Avvertì un odore familiare. Era la Sfinge. Edipo disse: “Voglio farti una domanda. Perché non ho riconosciuto mia madre?”. “Hai dato la risposta sbagliata”, disse la Sfinge. “Ma questo era ciò che ha reso tutto possibile”, rispose Edipo. “No”, disse. “Quando ti chiesi: “Cosa cammina a quattro zampe al mattino? due a mezzogiorno e tre la sera, tu hai risposto, L’uomo. Non hai detto niente sulla donna”. “Quando dici Uomo”, disse Edipo, “includi anche le donne. Lo sanno tutti”. La Sfinge rispose: “Questo è quello che tu pensi”» (”Mito”, Muriel Rukeyser). Dire uomo, in questo periodo di pandemia, e nei mesi o anni che seguiranno all’emergenza sanitaria, non include anche le donne. Anzi, è proprio il contrario, si tende a non vederle e a escluderle. Da una parte chiunque vive questi mesi tremendi con una donna, magari madre di figli in età scolare e magari in smart working, ha visto di più rispetto ai tempi ordinari il peso enorme, a volte insostenibile che le è caduto sulle spalle – ce lo dimenticheremo presto? Meno vediamo però che gli effetti della pandemia sono e saranno diversi e più pesanti per le donne. Sul piano economico e sociale si aggraveranno le disuguaglianze tra uomini e donne, ed è in aumento il tempo per colmare il gender gap: erano “solo” 208 anni nel 2018, e sono diventati 257 prima della pandemia, a inizio 2020 e ora aumenteranno ancora. Le donne, in proporzione maggiore degli uomini lavorano in settori informali, con meno protezioni, ma anche nei settori più colpiti a livello economico: turismo, ospitalità e ristorazione.

A partire da queste evidenze, dai rischi di disgregazione sociale che ne possono emergere, e volendo trasformare questo tempo in un’opportunità, è nato il lavoro della task force femminile all’interno del Ministero della Famiglia e delle Pari opportunità. La task force è stata chiamata riflettere, elaborare proposte, affiancare il Ministero nell’attraversare il periodo più duro che l’Italia si trova a vivere dal dopoguerra. Si tratta dell’avvio di un processo: è parso chiaro a tutte quando ci si è ritrovate a lavorare insieme, donne con competenze e sensibilità diverse, ma accomunate dal desiderio di cogliere questo momento per guardare la realtà con uno sguardo nuovo, per entrare nei drammi e nelle speranze di chi è più in difficoltà, per sostenere con decisione un cambio di paradigma verso una visione più integrata e integrale dell’alleanza uomo-donna. A un mese dalla sua costituzione, la task force, dopo aver lavorato in sottogruppi attorno ai temi della promozione del lavoro femminile e dell’inclusione delle donne nei ruoli decisionali, della riorganizzazione dei tempi di vita e di lavoro e di metodologie di comunicazione volte al superamento di stereotipi, e della ricerca e delle discipline scientifico-tecnologiche (Stem), ha elaborato le prime riflessioni e le prime proposte, che sono offerte a chi dovrà prendere decisioni, e intendono essere una base da cui partire e sulle quali confrontarsi con tutte le realtà che desiderano apportare il loro contributo nella direzione auspicata: quella in cui uomini e donne contribuiscano insieme a costruire un futuro diverso, più umano. Si sente spesso ripetere che nei mesi e anni a venire niente sarà come prima, ma quello che dovrà o potrà essere va preparato ora. La task force ha lavorato in questo senso partendo da un’analisi della situazione e immaginando interventi nel breve e medio termine, partendo dalle risorse disponibili, ma anche con un’attenzione alle fragilità e alle vulnerabilità che andranno ad aumentare. Non si è entrato in tutti gli ambiti, in quanto alcuni sono sotto attenzione di politiche specifiche e di un lavoro che il Ministero sta già portando avanti.

Si è cercato anche di fare uno sforzo nell’individuazione di strumenti legislativi e fiscali già esistenti, per i quali non si richiedono dunque risorse aggiuntive, ma che possono essere visti e applicati in modo diverso. Ad esempio, gli strumenti di welfare aziendali possono diventare facilitazioni allo smart working e alla gestione dei carichi familiari, e non semplicemente erogazioni di buoni spesa. Un accento si è posto anche al tema dell’indipendenza finanziaria delle donne, primo passo per il superamento anche di tante forme di sopraffazione e a volte di violenza. E tanto altro ancora che verrà ripreso, offerto alla discussione e all’implementazione di azioni e misure di più ampio respiro.

Il breve e medio termine, però, acquistano un significato solo se animati da una visione di più lungo periodo, un orizzonte che ci fa alzare lo sguardo. Nel nostro caso è quello di una migliore comprensione dell’essere umano e delle sue relazioni, nelle dimensioni essenziali che lo contraddistinguono, il lavoro e il prendersi cura gli uni degli altri. Il mondo avrà fatto un passo in avanti se quando incontriamo una persona, prima di chiederle “che lavoro fai?”, le chiederemo “di chi ti prendi cura?”.

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