giovedì 5 giugno 2014
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Non sono ancora state depositate le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale che ha reso legittima la fecondazione eterologa in Italia, ma sono forti le pressioni per avviare subito nuovi percorsi, specie da parte di alcuni centri privati, che si stanno affannando a dimostrare che tutto è pronto per partire cinque secondi dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo della Consulta.Intanto, iniziano già le pressioni politiche e mediatiche sul passo successivo, l’utero in affitto: un senatore del Pd ha serenamente dichiarato di avere avuto così un figlio, che vuole registrare come suo e del proprio compagno (sposato all’estero), e racconti in merito a felici gravidanze conto terzi sono prontamente apparsi su riviste e giornali.I nati dalle varie tecniche di eterologa – compreso l’utero in affitto – sono figli della volontà di diventare genitori a prescindere all’atto generativo: è un contratto fra le parti a decidere chi si assumerà la responsabilità del nato e chi invece vi rinuncerà, indipendentemente da chi ha dato il proprio contributo genetico e biologico, in nome del fatto che il figlio è di chi lo vuole e lo cresce, e la biologia non conta.Ma la realtà è testarda, e si fa valere quando meno te l’aspetti. Agenzie di stampa hanno reso nota la pubblicazione di un vademecum da parte di alcune associazioni che hanno elaborato criteri per la donazione dei gameti nell’eterologa: il donatore non può essere scelto, e si precisa poi che «si tiene conto solo delle caratteristiche di razza dei pazienti».Secondo gli autori del testo, quindi, gli elementi razziali delle coppie che vogliono avere un figlio sono determinanti per la scelta dei gameti estranei. Considerando che l’uso del termine razza, riferito all’umano, è già intrinsecamente sbagliato, che cosa dovrebbe succedere, seguendo la logica del testo, se una coppia di "razza" bianca chiede un donatore della sua stessa" razza", escludendo quelli di "razza" nera, o gialla? E se una coppia volesse escludere ascendenze di" razza" ebraica del donatore, i centri di fecondazione dovrebbero forse adattarsi alla gentile richiesta?L’espressione usata è infelice, ma molto chiara: si cercano donatori che siano simili, almeno in generale nell’aspetto fisico, alle coppie che hanno espresso la volontà di avere un bambino. Smentendo quindi subito, nei fatti, l’affermazione che la biologia non ha alcun peso: se così fosse, perché cercare qualcosa di così effimero come la somiglianza fisica con un figlio che si sa già, addirittura prima del concepimento, per scelta consapevole, essere geneticamente estraneo? Perché dare importanza alla somiglianza fisica, addirittura quasi fingendo che il figlio sia fisicamente il proprio, se quel che conta è solo l’intenzione di avere figli? Il fatto è che se quello dell’eterologa è, come è stato autorevolmente detto, il «figlio della scelta», è una scelta che non si ferma mai solo a quella del figlio, senza caratteristiche specifiche, ma va sempre oltre, come dimostrano i cataloghi dei donatori nelle banche dei gameti laddove l’eterologa è praticata da tempo. Cataloghi completi di prezzario, naturalmente, perché ogni scelta ha un costo, ed è determinata anche dal mercato.In Italia finora la giurisprudenza si è espressa diversamente. Oltre al divieto della selezione eugenetica dei gameti, ancora contenuto nella legge 40, la Corte di Cassazione nel giugno del 2010 ha stabilito che «l’adozione internazionale di minori non può avvenire in base a preferenze etniche», e che l’eventuale opzione per un’etnia, se espressa pubblicamente dagli aspiranti genitori, li penalizzerà nel giudizio di idoneità all’adozione. Non si può scegliere un figlio in base al colore della pelle, insomma. Ma se ora, con la fecondazione eterologa, a valere è davvero solo la volontà di diventare genitori, e non il fatto di avere procreato un figlio, chi decide dove fermare questa volontà?
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