martedì 22 luglio 2014
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​Gentile direttore,
ho letto integralmente quanto “Avvenire” ha scritto sul tragico destino dell’aereo di linea malese sui cieli d’Ucraina con a bordo 298 persone, di cui 80 bambini e ben 100 scienziati che erano diretti a Melbourne per la conferenza mondiale sull’Aids. Sia importanti leader politici, come il presidente degli Stati Uniti Obama, che esperti concordano sul fatto che la responsabilità ricada unicamente sui ribelli filorussi (accusati di aver cercato di alterare la scena dello schianto dell’aereo). A mio avviso, per le modalità e il contesto in cui è avvenuta, tale tragedia può essere annoverata tra le più gravi ed inquietanti dalla fine del secondo conflitto mondiale. Tutte le tragedie sono abominevoli, comprese le attuali in Terra Santa, ma l’aver decretato la morte, senza possibilità di scampo di un sì gran numero di vittime innocenti – in un tg nazionale lo stesso ex ambasciatore italiano a Mosca, in un suo commento, ha sottolineato che un conto è prendere di mira un velivolo militare il cui pilota ha la possibilità di salvarsi col paracadute e un altro colpire un bersaglio i cui passeggeri non hanno alcuno scampo. Intanto, l’Europa discute su chi saranno i futuri membri del suo governo e non si trova concorde neanche su questo: Alto rappresentante Ue docet. Forse tutto questo è anche conseguenza del fatto che l’Europa non si sia data la sua vera identità come invitava a fare a suo tempo lo stesso venerato e compianto papa san Giovanni Paolo II, a non tagliare le radici dalle quali si è nati e inserendo nel preambolo della Costituzione europea le proprie origini giudaico-cristiane. Forse ora non saremmo a questi punto.
Clemente Carbonini, Tirano (So)
Da cristiano vorrei tanto, caro signor Carbonini, che conoscessimo e riconoscessimo le nostre più salde radici religiose e culturali di europei. Ma temo che neanche questo basterebbe ancora a superare le forti dosi di egoismo politico nazionale che impacciano l’azione dell’Europa unita (di nome, ma non di fatto) sulla scena politica internazionale e in particolare in quell’aerea euromediterranea nella quale è – dovrebbe essere – protagonista inevitabile. La pericolosissima crisi ucraina, il caos procurato (o comunque accentuato) in Nord Africa anche da interventi militari o da azioni (o inazioni) diplomatiche e umanitarie di Stati europei, gli errori drammatici compiuti nel Vicino Oriente (specialmente in Paesi come l’Iraq e la Siria) e l’incapacità di incidere in Terra Santa sono un continuo richiamo ai doveri non onorati da un’Unione Europea che potrebbe essere grande e costruttrice di pace nella giustizia e invece appare affetta da autoprocurato nanismo politico. So che il giudizio può suonare molto duro. E so che altre potenze agiscono per far emergere ed enfatizzare le difficoltà e l’inadeguatezza dell’Europa. Ma so anche che il primo e più serio problema della Ue è nella Ue stessa. E certamente – in questo concordo con lei, caro amico – comincia dalla non comprensione piena e dalla non accettazione miope della sua stessa cultura profonda, quella che san Giovanni Paolo II richiamava con la formula delle «radici giudaico-cristiane». Una cultura religiosa e civile che nei secoli ha costruito l’idea e la realtà di un’Europa patria comune di popoli diversi eppure fratelli e, oggi, potrebbe e dovrebbe farla soggetto capace di nutrire una visione forte della persona umana e delle sue autentiche libertà fondamentali e in grado di avere la determinazione per affermarla nel mondo.
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