giovedì 24 febbraio 2011
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Ritorna carnevale. Si balla, si scherza, ci si traveste. C’è addirittura chi riesce a divertirsi. La vita è pesante e ogni occasione è buona per tirare un respiro di sollievo. Non vogliamo attardarci in analisi storiche o in giudizi morali, ma solo consigliare agli adulti un minimo di buon senso per non apparire cinici e fare male ai bambini. Vorremmo con san Giovanni Bosco e san Filippo Neri riproporre il motto famoso: «Scherzate pure ma non peccate».Ritorna carnevale e, almeno per un giorno, c’è chi realizza il sogno o le paure della vita. Strade e teatri si riempiono di principi, regine, maghi e personaggi dello spettacolo. Ci si prende benevolmente in giro. Logicamente c’è un limite a tutto. Anche alle maschere di carnevale! Ci sono barriere che assolutamente non bisogna valicare. Sennò ci si fa male. Napoli. Un negoziante di vestiti di carnevale per bambini ha avuto un’idea orripilante. E anziché rigettarla con orrore ha voluto realizzarla. Ha inventato il vestito di "zio Michele": un abito da contadino, un cappellaccio come quello visto mille volte in televisione in testa allo zio della povera Sarah Scazzi, e – vengono i brividi al solo scriverlo – un pezzo di corda in mano.Intervistato per il telegiornale, il giovanotto, è sembrato essere lui sorpreso dall’attenzione riservata alla sua "opera d’arte". Incalzato dal giornalista si è difeso: «A San Gregorio Armeno ogni anno fanno la statuina di un personaggio famoso, che c’è di strano se per carnevale ho proposto il personaggio di "zio Michele"?». Il paragone, logicamente, non regge. E non si capisce perché questo signore lo tiri in ballo. A San Gregorio Armeno, nel centro storico di Napoli, ogni anno, validi artisti dell’arte presepiale, propongono la statuina di un personaggio famoso del mondo del calcio, dello spettacolo o della politica, balzato alla ribalta nei mesi precedenti. Tutti sorridono. A cominciare dal protagonista che si vede sistemato, a volte suo malgrado, nel presepe, davanti alla grotta di Betlemme o in cima al castello del re Erode.Di strano c’è, invece, questa idea che si vorrebbe far passare per innocua ma che innocua non è. È di pessimo gusto. E va detto con fermezza perché oltremodo offensiva nei confronti dei genitori di Sarah, dei suoi amici e di tutti gli abitanti di Avetrana. C’è, poi, l’offesa fatta ai bambini. Ai nostri bambini. Ancora e sempre loro al centro delle tante idee strampalate che passano per la mente di certi adulti.Oltre che a divertire, carnevale, non sarebbe male se potesse anche educare. Educare al gioco, alla gratuità. Educare all’ironia sottile e mai offensiva nei confronti dei potenti, dei ricchi, dei famosi. Ma, ve lo immaginate un bambino che dovesse ritrovarsi col quel cappellaccio in testa e quel pezzo di corda fra le mani? Che cosa avrebbe mai dovuto farci? Come usarlo per poter giocare? Loro, i bambini, non sempre riescono a delimitare il confine tra la realtà e la fantasia: sono gli adulti che debbono aiutarli a farlo evitando di stuzzicarli inutilmente.Ma come succede per il bene e per il bello, anche per il brutto e per il macabro non c’è mai fine. Lo stesso negoziante, infatti, ha affermato: «L’idea è nata per scherzo. Ma poi abbiamo notato che ha avuto successo, perché questi abiti sono stati acquistati…». Acquistati. E da chi? Non osiamo immaginare chi e perché abbia comprato quei vestiti anziché quello coloratissimo di Arlecchino. A chiunque lo abbia fatto, soprattutto se è lo stesso genitore del bambino da travestire a carnevale, vorremmo suggerire di gettarlo nel bidone della spazzatura. Per rispetto della sofferenza altrui, per la dignità di suo figlio e di tutti i bambini, che meritano ben altro che ritrovarsi a ridere su drammi dolorosissimi e assurdi. E che più li si sfrutta, più fanno sanguinare i cuori.
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