martedì 28 agosto 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
Vorremmo poter gridare: basta, fermateli! E non solo perché abbiamo visto le crude, immonde immagini di un altro bestiale massacro, quello di più di 330 uomini e donne e bambini denunciato a Daraya, un sobborgo di Damasco, pugni su pugni allo stomaco ad ogni fotogramma aggiunto. Vorremmo poter allungare una mano per mettere in salvo più gente possibile da quell’inferno che è diventata la Siria, con una guerra che si accanisce contro i civili, e li va a scovare anche nelle loro case, di giorno e di notte. Che bussa alle loro porte con una violenza che terrorizza. Da non credere, se non fosse per le immagini, sempre più oscene per la loro ferocia, reperibili su Internet. Vorremmo che la storia non ripetesse oggi a colori quanto già visto ieri in bianco e nero: i rastrellamenti nazisti, casa per casa, in cerca di ribelli e loro sostenitori – che importanza può avere l’età? – e poi, schiena al muro, passarli per le armi. Vorremmo poter smettere di guardare la solita foto da premio internazionale di una madre e di un figlio straziati nelle carni e farne l’immagine, l’icona di un’altra Madonna del dolore. Di quei corpi vorremmo sapere nomi e cognomi, per renderne conto un giorno. Conoscere le loro storie in vita e non ridurli a una statistica di guerra che presto ci avrà annoiati, per farci voltare pagina e lasciare solo agli altri il dolore di un lutto di sangue e la domanda rivolta a noi: dove eravate mentre ci uccidevano?Intanto le Cancellerie internazionali si rincorrono come in un girotondo con i loro documenti di condanna «dell’inaccettabile ennesima strage», e chiedono ai massacratori di andare via, di abbandonare il gioco e di «lasciare il posto alla transizione politica». Fa niente che i morti siano già migliaia – altro che la Libia – mentre le belve cui si rivolgono con fare diplomatico non hanno ancora finito di spolpare il cadavere. In attesa della prossima strage – ancora più grave, per ricevere un’adeguata attenzione – i veri burattinai che stanno dietro le armi assassine della Siria e del suo popolo e finanziano tutte le parti in causa, dal regime di Assad al «Libero esercito della Siria» fino alle milizie qaediste sempre più protagoniste, che assistono al gioco come avvoltoi in attesa del pezzo di carcassa da spolpare, loro nascondono le mani sporche di sangue dietro veti e strategie regionali, e non si fanno certo emozionare da una anonima Madonna del dolore.La brutalità non trova tregua in Siria. Altre manciate di terra sono gettate sulle fosse comuni, a impastarsi col sangue degli innocenti. Uno stillicidio quotidiano che si protrae da 17 mesi. Corpi cadono straziati sotto i bombardamenti dell’artiglieria e dell’aviazione governative, corpi si afflosciano come sacchi vuoti dopo il colpo di pistola alla nuca. Rastrellamenti casa per casa, calci e botte ed esecuzioni sommarie, le mani legate dietro la schiena. Ogni giorno si chiude con il bollettino della morte e l’indomani è segnato dalla lotta per la sopravvivenza di una madre e di suo figlio, chiusi nelle loro piccole case alla mercé delle bombe, pregando di non diventare numeri da incidere all’ingresso di un cimitero comune.Per il «Centro di documentazione delle violazioni in Siria» sono 22.409 le vittime della guerra civile: 20.100 sono civili, 2.309 quelli che impugnavano un’arma. Soprattutto uomini, 19.052, e 1.262 donne. Ma anche minori: 1.487 maschi, 608 femmine.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: