venerdì 4 gennaio 2013
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Gentile direttore,
«Alzati in piedi e lascia il posto!» risultava una sorta di imperativo categorico che innescava un automatismo naturale, quando, trent’anni fa sugli autobus s’incrociava una persona anziana, per quanto, magari, non presentasse evidenti problemi di deambulazione; era un atto dovuto e basta, dettato dal buon senso civico, che apparteneva a quella vasta gamma di comportamenti virtuosi e convenienti, inculcati dalla famiglia, sin dalla più tenera età. Non si badava al peso dello zaino spesso 'degriffato' o al restante tragitto da percorrere; ci si alzava senza fare storie, anche di fronte, talvolta, ad anziani fastidiosamente pretenziosi e indispettiti. Cedere il posto rientrava nelle azioni consuetudinarie, costituiva una garbata abitudine suggerita dal sano rispetto generazionale nonché da un 'pizzico' di sensato timore reverenziale. Oggi, ragazzini, forse incolpevolmente maleducati, si aggirano sugli autobus con fare da bulli, in preda a un esaltato delirio di onnipotenza; a volte imbrattano la tappezzeria, quasi sempre fanno risuonare i telefonini come radio, spingono, strattonano, esibiscono un linguaggio frequentemente osceno nonché blasfemo; si stendono scompostamente sui sedili e non cedono il loro 'scranno', su cui tronfiamente spadroneggiano, a persone di età avanzata, a donne in gravidanza. A volte taluni usano un tono canzonatorio e denigratorio, così da guadagnarsi un’indecente visibilità e la vile deferenza dello squallido gruppo di riferimento, anche nei confronti di persone che palesano chiare difficoltà motorie. Alcuni arrivano a occupare il posto riservato ai disabili e, se ci azzarda a qualche 'diplomatico' rimprovero o più severamente a stigmatizzare questi atteggiamenti, sono prontissimi a zittirti, o, per usare un 'gentile' eufemismo, a mandarti a 'quel paese'.
Comunque ora che la scuola ha riaperto i battenti da qualche mese, un’ulteriore riflessione congiunta che investa famiglie, insegnanti, educatori e giovani studenti potrebbe risultare, ancora una volta, una pragmatica e spendibile lezione di educazione civica. «Repetita iuvant»! 
Claudio Riccadonna, Ala (Tn)
Sono d’accordo con lei, gentile signor Riccadonna: repetita iuvant.
Educare alla «vita buona» è essenziale. E, comunque, prendersi il 'fastidio' di non stare zitti e di non farsi zittire quando accadono cose storte o 'semplici' casi di maleducazione è sensatissima regola.
Anch’io, in autobus e altrove, sono tra quelli che (senza arroganza, ma con convinzione) cercano di rispettarla sempre. Non sempre si viene ascoltati, ma spesso sì. E devo dire che ho visto e vedo anche ragazzi e ragazze che con gentilezza si alzano e cedono il loro posto. Non tutti sono uguali, grazie alle loro famiglie, a buoni insegnanti ed educatori (che pure ci sono) e, magari, alla lezione appresa guardando un adulto cortese e ben educato. La goccia di miele di un giusto esempio vale più del barile d’aceto di cento rimproveri risentiti. ​
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