venerdì 4 dicembre 2009
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Caro Direttore,faccio parte di un’associazione onlus cha aiuta 110 bambini a Fortaleza, in Brasile. Ho letto l’articolo sul Brasile in Avvenire dell’8 novembre e mi domando se ci fosse effettivamente un vostro inviato sul posto... Sono stato da pochissimo a Fortaleza per visitare la «escola» da poco inaugurata, e ho anche fatto tappa a Rio e San Paolo. La situazione è disastrosa, altro che Brasile fuori dalla crisi e Paese emergente! Lo sarà forse per un pugno di privilegiati, ma la fame, la disperazione che ho visto è immane e inenarrabile. Le «favelas» sono migliaia: Fortaleza ne ha 500, Rio 1.000, San Paolo non lo si sa nemmeno. La campagna «Fome zero» è uno spot di Lula che non viene compreso dall’infelice e poverissima popolazione delle «favelas». Per quanto riguarda il petrolio, in effetti ci sono risorse ma l’estrazione costa quasi il triplo del Medio Oriente: deducetene le conseguenze. Il Brasile è un Paese immenso di quasi 200 milioni di abitanti, con risorse effettivamente enormi, ma per decenni è stato in mano a multinazionali americane, tedesche e giapponesi che lo hanno sfruttato e inquinato all’inverosimile. La delinquenza è una cosa folle. Si rischia ogni giorno la vita: non puoi fermarti ai semafori, devi chiudere sempre i finestrini dell’auto e non rimanere fermo a un parcheggio, non puoi girare con pacchi o borse, se vai al mare devi portare solo le ciabatte e neppure l’asciugamano. Brasile astro nascente? Forse tra un decennio, e con al governo persone all’altezza, non mezze figure!

Bruno Pescia

Comprendo bene come lo sguardo del volontario si basi su «parametri» ben diversi rispetto a quelli adottati dalle agenzie di rating internazionale e che chi ha gli occhi saturi della vita faticosa e vibrante delle favelas guardi con sospetto agli asettici e impersonali rapporti elaborati per conto dei salotti buoni della finanza. Eppure sono due facce della medesima realtà, spesso convulsa e dirompente, ma ricca e vitale. Il Brasile è sia un protagonista che si sta affacciando con vigore e decisione sugli spalti dell’economia e della finanza internazionali, sia uno sterminato Paese – esteso quasi 30 volte l’Italia, con una popolazione più che tripla della nostra – dove pochi ricchi e ricchissimi si confrontano con un gran numero di poveri. Lusso anche sfrenato da una parte e miseria indicibile dall’altra, col corollario di violenze, criminalità, sfruttamento... Ricchezza di risorse naturali e miserie sconvolgenti. In questa situazione si innesta l’«esperimento» Lula, un presidente che in Italia viene etichettato tout court come di «sinistra», ma che, in realtà, ha messo in campo e insediato al potere un soggetto post-ideologico eppure ancorato a valori forti, capace di attuare una politica contrassegnata da un mix di calibrato riformismo e di accorto pragmatismo. Niente a che vedere con gli «etnocaudillos» che l’America Latina continua a sfornare e che mantengono turbolento il panorama del continente. La sfida ingaggiata per alleviare le vertiginose povertà che piagano le periferie delle megalopoli (dove continuano peraltro ad affluire gli ancor più poveri «sem terra» dell’interno e del Nordeste) è titanica e l’esito non è affatto scontato. Anche se le cifre del Fondo monetario internazionale, di Standard & Poor’s, di Moody’s, persino in quest’anno di crisi, sono precedute da una sfilza di rassicuranti segni "+", la realtà sociale resta soggetta a tensioni e lacerazioni la cui correzione è lungi dal giungere in porto. Qualche passo avanti è stato compiuto, ma il più è ancora da fare. E va altresì ricordato come ad alimentare le chance di successo contribuiscono in misura sostanziale la straordinaria rete di iniziative di volontariato internazionale sviluppatasi a partire dall’opera dei missionari. Un’opera che anche in questo Natale riceverà linfa vitale dalle donazioni generose di tanti italiani, per i quali questo nostro dialogo varrà come pro-memoria. Un saluto cordiale.
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