mercoledì 11 giugno 2025
Impazza la tendenza a rimestare in vicende giudiziarie che si sono concluse da tempo come se la giustizia e i processi fossero virgole fluttuanti, che possono essere spostate a seconda di chi parla
Un fermo immagine di Bossetti durante l'intervista a Belve Crime

Un fermo immagine di Bossetti durante l'intervista a Belve Crime - .

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La puntata di Belve Crime andata in onda martedì sera su Raidue ha chiamato davanti alla tv 1,5 milioni di spettatori con oltre il 12% di share. Francesca Fagnani ha intervistato, tra gli altri, Massimo Giuseppe Bossetti, condannato all’ergastolo con sentenza passata in giudicato per l’omicidio di Yara Gambirasio. Della vicenda sappiamo tutto o quasi: la tredicenne scomparve il 26 novembre 2010 mentre tornava a casa dalla palestra a Brembate di Sopra, nella Bergamasca e il suo corpo fu ritrovato alcuni mesi dopo, nel febbraio 2011, abbandonato in un campo. Bossetti, individuato dopo una ricerca a tappeto che ha coinvolto migliaia di persone a cui venne chiesto di fare la prova del Dna, è stato giudicato colpevole proprio a partire dall’evidenza scientifica che ha fatto sì che la sua impronta genetica combaciasse con quella di Ignoto 1 trovata sul corpo della ragazzina. Il muratore bergamasco ha sempre negato ogni accusa e anche durante la trasmissione ha ribadito punto per punto le sue posizioni che, peraltro, sono state rigettate dalle tre diverse Corti che lo hanno giudicato. Fagnani, per parte sua, ha replicato alle parole di Bossetti arrivando anche a uno scontro verbale nel momento in cui l’uomo ha ritirato fuori critiche al comportamento del padre della stessa Yara, quasi ad adombrare un atteggiamento non chiaro durante il periodo delle indagini della scomparsa, quando il corpo della ragazzina non era stato ancora ritrovato. Fagnani ha rintuzzato (e lo ha fatto bene) ogni tentativo in questo senso tanto che, alla fine, le uniche “novità” se così si possono chiamare, sono state le “confessioni” di Bossetti riguardo al dolore per il tradimento della moglie, scoperto quando era in carcere, e le difficoltà avute in gioventù con la madre.

Ora, di fronte alla tendenza a rimestare in vicende giudiziarie che si sono concluse da tempo, viene da chiedersi: a chi giova, veramente? Anche perché, e la puntata dell’altra sera ne è stata l’ennesima prova, la tribuna viene sfruttata, del tutto legittimamente, da chi è in carcere per ribadire la propria innocenza anche contro ogni prova accertata. Bossetti ha ripetuto tutte le tesi difensive, anche le più strampalate (che, lo ripetiamo, sono state contestate da Fagnani). Ma chi ascoltava, se non fosse al corrente dei vari iter processuali, potrebbe pensare di trovarsi di fronte a un caso di errore giudiziario. E così i processi non finiscono mai ingenerando nelle persone un senso di insicurezza e di sfiducia nell’amministrazione della giustizia. I punti fermi che dovrebbero essere le sentenze, soprattutto quelle definitive, sono divenuti tante virgole fluttuanti che si spostano a seconda di chi ha l’ultima parola. E vengono messe in discussione (come è giusto e doveroso) non di fronte a nuovi e gravi elementi ma da ragionamenti e affermazione spesso senza fondamento.

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