sabato 15 dicembre 2012
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​È comprensibile che i dirigenti del Partito democratico non gradiscano l’ipotesi di un confronto elettorale con una formazione o una coalizione di formazioni politiche che abbiano come collante la candidatura di Mario Monti alla guida di un esecutivo questa volta investito da un mandato popolare. Questo pur legittimo interesse di partito, tuttavia, non giustifica le forme che ha assunto in certi casi il fuoco di sbarramento contro l’eventuale e ben possibile impegno politico diretto del premier. Massimo D’Alema arriva a considerare «moralmente discutibile» questa scelta di Monti, che descrive come uno «scendere in campo contro la principale forza politica che lo ha voluto e sostenuto». Se invece Monti si fosse aggregato alla campagna elettorale della sinistra, pare di capire, la scelta sarebbe stata ineccepibile...A parte l’asimmetria forzata della geometria dalemiana, pare di assistere a un ritorno di concezioni politiche basate su un’unica "centralità", in questo caso quella del Pd, attorno alla quale si possono costruire carriere e ottenere incarichi o funzioni istituzionali, realizzare convergenze tanto più estese quanto più subalterne. Se Monti non è incasellabile in questo disegno e non vuole rientrarvi – quale che sia la collocazione prevista e proposta per lui nell’organigramma bersaniano – vuol dire che non gli piace una riduzione "monopolare" della dialettica politica italiana. La democrazia dell’alternanza non può essere considerata come una fastidiosa parentesi, è un bene prezioso ed è l’unico lascito serio della cosiddetta Seconda Repubblica (che ha avuto come protagonisti principali Silvio Berlusconi e Romano Prodi). Con nuovi soggetti e nuovi progetti – più connessi al confronto politico europeo e, dunque, alle due grandi famiglie politiche continentali (Ppe e Pse) – l’alternanza resta il carattere fondamentale di una democrazia matura.Indipendentemente dal giudizio che ognuno può esprimere sull’operato e sui programmi di Monti, è evidente che una sua scelta di presentarsi come leader di uno schieramento politicamente altro e alternativo a quello imperniato sull’asse Bersani-Vendola ridurrebbe l’asimmetria tra i potenziali schieramenti e renderebbe il confronto elettorale italiano più simile a quello che si svolge nelle altre grandi democrazie europee. Monti deciderà e renderà esplicita la sua scelta dopo aver rassegnato ufficialmente le dimissioni del governo che presiede, ma questa scelta dipende dalla sua valutazione politica, non da inesistenti ostacoli istituzionali o addirittura morali. La richiesta che gli è giunta durante la riunione dei leader dei Popolari europei è di garantire la continuità degli impegni assunti dall’Italia e di guidare la fase in cui dalla difesa dai rischi di dissesto si deve passare alla promozione di nuove prospettive di crescita. Chi, in Italia e in Europa, chiede a Monti di esercitare questa funzione, sapendo che può realizzarsi solo in seguito a un successo elettorale, non crede che gli stessi esiti possano essere attesi da una coalizione di sinistra che comprende anche l’area antagonistica legata a Nichi Vendola. È legittimo, naturalmente, che Pierluigi Bersani, invece, si consideri pienamente titolato a promuovere e gestire questa nuova fase, ma è proprio sulla competizione tra proposte e leadership che si confrontano su chi può rispondere meglio alle attese e alle urgenze del Paese che si basa un bipolarismo non distruttivo. Il presidente del Consiglio in carica è un candidato naturale a succedere a se stesso in tutti i sistemi politici. La specificità del caso italiano sta nel fatto che il premier in carica non è quello che si era presentato alle elezioni precedenti, caso particolare ma non nuovo, come proprio D’Alema dovrebbe ricordare bene.In realtà, se l’offerta politica dei "moderati" si presenterà con caratteri effettivi di competitività, questo servirà anche a fare chiarezza nell’altro schieramento, a mettere in luce gli elementi comuni di responsabilità nazionale e le alternative programmatiche. Non si vede perché si abbia paura o fastidio per un confronto di questo tipo e di questo livello, che sostituirebbe quello a base di reciproche demonizzazioni al quale noi non siamo mai riusciti a rassegnarci.
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