Gentile direttore,
gradirei sottoporre alla sua attenzione una questione legata alla bestemmia. Proprio nei giorni in cui Avvenire portava l’attenzione dei suoi lettori sulle bestemmie in ambito sportivo, curiosando sul blog del professor Odifreddi, mi sono imbattuto in una serie di esplicite e pesanti offese a Dio e alla Madonna in bella mostra su quello che può ritenersi uno spazio virtuale piuttosto frequentato visto che è in stretta connessione con una testata quotidiana che a livello nazionale è la seconda per diffusione. Posto che in un blog senza filtri si accetta di correre rischi di questo tipo, senza che se ne possa imputare la responsabilità al coordinatore del blog o alla testata di riferimento, è giusto che questi post non vengano rimossi dopo che sono stati segnalati (cosa che in effetti è avvenuta nel caso in oggetto)? La testata di riferimento (in questo caso "Repubblica") non ha una responsabilità nel decidere di lasciarli in quello che in fin dei conti è uno spazio pubblico?
Simone Ferrari
Ogni giornale è responsabile di quel che pubblica in ogni sua parte, gentile signor Ferrari. Lo dice la legge e, prima ancora, la nostra etica professionale. Dunque, i suoi interrogativi sono assolutamente legittimi. Agli amici Tanduo, che pongono nella lettera che precede la sua un altro e altrettanto serio problema, dico che trovo assennato il loro richiamo. Mi hanno insegnato che, da cristiani, siamo chiamati a vivere il Vangelo, a dare ragione della nostra speranza e, da persone che si sforzano di essere rette, siamo tenuti a dire responsabilmente le cose come stanno. Per questo mi sento impegnato, assieme ai miei colleghi, a informare correttamente sulla questione di uno spettacolo teatrale colpito da improvvisa e polemica notorietà preventiva. Vedremo e giudicheremo, se, come e quando andrà in scena. Non mi sogno di giudicare le intenzioni di chi è infuriato con l’autore (e non spetta certo a me farlo), ma penso pure io che certi modi di "protestare" servono a poco. Anzi, alla fin fine, servono solo a dare ragione a chi cerca furba pubblicità.
Marco Tarquinio