mercoledì 28 dicembre 2011
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Conosco molte meravi­gliose teorie sul fatto che la let­tura deve esse­re un piacere, e come ogni pia­cere deve essere libero e scel­to. Le conosco ma mi guardo bene dall’applicarle. Io perso­nalmente con i miei figli a­dotto piuttosto subdole forme di persuasione occulta, e pos­so anche arrivare a vigliacche minacce terroristiche («Se non provi a leggere due capi­toli, alla xbox stanotte potreb­be anche capitare un inciden­te, per dire...»), convinta co­me sono che il piacere della lettura non è immediato co­me quello che viene dai vi­deogiochi, ma alla fine at­traente lo stesso o di più an­che per un ragazzino. Sarò quindi bocciata dal pedagogi­sta moderno, ma almeno in un modo o nell’altro sto colti­vando in casa giovani famelici lettori. Spesso dunque vado in libreria in ricerca, e faccio davvero molta fatica a trovare bei libri da imporre – volevo dire proporre – ai miei figli. Il problema è che tra gli scaffali spopola in modo davvero ab­norme il genere fantasy: vam­piri, creature magiche, elfi, folletti, streghette, morti che camminano, angeli. Una fan­tasiosa mitologia senza nean­che una tradizione alle spalle, raffazzonata, approssimativa, scontata. Un’accozzaglia di robaccia posticcia fatta per solleticare a buon mercato e senza troppo sforzo le paure, le emozioni, il gusto del brivi­do che bambini e ragazzi tan­to amano. So bene che c’è an­che una buona fantasy, tipo quella di Tolkien e di Lewis, ma per quanto ne capisco io – poco – la maggior parte dei loro epigoni mancano ampia­mente il bersaglio.Mi chiedo dunque i motivi di tanto suc­cesso (se i titoli sono così tan­ti, immagino che siano molto richiesti, non dai miei figli co­munque). Penso che un feno­meno tanto esteso si possa spiegare solo con il bisogno che i bambini hanno di mi­stero, di esplorare in qualche modo qualcosa che vada oltre il mondo sensibile, che dia qualche risposta su quella che è 'la' domanda dell’uo­mo: cosa c’è dopo la morte. In ultima analisi, la loro è una domanda di senso, il grande vuoto contemporaneo. Certi adulti che sono stati così so­lerti nel togliere Dio dal pro­prio orizzonte e da quello dei bambini, gli stessi che si preoccupano che la recita di Natale dell’asilo non conten­ga accenni a Gesù, per non ferire nessuna sensibilità, e che a Lui dovranno rispon­derne – lasciate che i bambini vengano a me –, forse non sa­pevano che la libertà che cre­devano di avere conquistato a sé e ai loro figli non è la vera libertà cui anela il cuore dell’uomo. Il quale, se non è davvero liberato, cerca una nuova schiavitù. E così chi non frequenta la Bibbia si mette a leggere di magici mondi sotterranei, di vampiri e, cresciuto, di oroscopi, per non parlare di chi più o meno consapevolmente si tuffa nell’esoterismo.Chi non cre­de in Dio crede a tutto, il vero credente crede in pochissime cose, sa solo Cristo e questi crocifisso. I ragazzi hanno bi­sogno di certezze salde, di un mondo ben configurato, ma­gari da provare anche a cam­biare, ma solido. Colonne di marmo da superare, barriere belle alte da scavalcare, non l’angosciante liquidità. E non funziona se questo mondo è solo inventato in un libro. Li affascina, li prende, ma non basta, non può bastare, per­ché sa di falso. Qualche gior­no fa avevo a cena un amico dei miei figli, non battezzato, non credente, divoratore di li­bri fantasy. I miei ragazzi, tanto per non farmi rilassare mentre tagliavo fettine e combattevo ammutinamenti contro le verdure, mi sottopo­nevano alle solite domanduc­ce, tipo «chi va nel limbo?», «com’è fatto il purgatorio?», «che vuol dire tentare Dio?». L’amico, digiuno di simili ar­gomenti, ascoltava a bocca a­perta, affascinato dalla mia certezza (ostentata, peraltro: a volte mi ci vorrebbe un teo­logo a portata di mano, per le emergenze), assetato di rispo­ste salde e credibili. Il suo sguardo pulito sul mondo, il suo desiderio sincero di sape­re meritano di più che rispo­ste artefatte e posticce. Meri­tano la verità.
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