giovedì 15 settembre 2011
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È in corso un dibattito su un tema controverso e doloroso: la riduzione dell’insegnamento di Storia dell’Arte nelle nostre scuole superiori. Andiamoci cauti con le critiche al governo e ai suoi tagli, perché la situazione economica dell’Italia è più grave di quanto noi (noi popolo) credevamo. Siamo di fronte a un male estremo. E a mali estremi, estremi rimedi. Qui non si vuole dunque accusare l’attuale ministro dell’Istruzione. Si vuole soltanto far capire, con parole nostre, quanto i tagli all’insegnamento di una materia così centrale, nella cultura dello studente italiano, come la Storia dell’Arte, siano pericolosi.

Infatti, in tempi meno calamitosi, non solo non si pensava di ridurre l’insegnamento dell’Arte, ma di incrementarlo, facendolo partire addirittura dalle elementari. L’Arte doveva entrare nel cervello non solo degli studenti, ma degli alunni. Non solo con la Storia delle Letteratura, ma col sillabario. Un progetto audace ma fondato. In fatto di Arte lo studente italiano (l’uomo italiano) deve sapere più degli altri studenti, perché ci vive più in mezzo. L’Arte gli parla, in tutte le città, tutte le piazze, tutte le chiese. L’Arte, da noi, è in gran parte arte religiosa. E la Letteratura? Non sono pochi i critici italiani (l’ultimo, Giovanni Raboni) a ritenere che la poesia più bella di tutta la nostra letteratura sia la prima, quella che sta all’inizio delle nostre storie e antologie letterarie: il "Cantico di Frate Sole" di Francesco d’Assisi. Bisognerebbe rileggerlo, ogni tanto. Collocato lì, all’inizio della nostra storia letteraria, apre il contenitore dei nostri capolavori espressi con le parole, che per ora vien chiuso da Mario Luzi. Quella prima pagina, e quest’ultima, danno un senso a tutte le pagine interne. Se togli quelle due pagine, tutto l’interno perde parte del suo senso. E l’Arte? L’Arte figurativa? Per effetto dei tagli, l’anno scorso è stata ridotta nel primo anno delle superiori, quest’anno nel secondo, poi toccherà alle classi terze. Una riduzione di cultura dell’arte produce una riduzione della sua comprensione, e una minor comprensione dell’arte è per il ragazzo italiano una minor comprensione della città in cui vive, e delle città che visita. Questa "minor comprensione" dello spazio e del tempo in cui si vive, diventa una decurtazione della vita. È la vita che diventa minore. Non solo sa meno, ma anche sente meno. Thomas Merton, all’inizio della "Montagna dalle sette balze", racconta di aver cominciato a credere visitando le chiese cattoliche: l’altissimo quoziente artistico del Dio raffigurato era una prova della sua esistenza.

Conosco una signora di una piccola città che tutte le mattine si reca in ufficio, un chilometro di distanza, nel centro, ma non sceglie la via più dritta, cioè più corta, ma la via più bella, anche se più lunga: dice che dopo lavora meglio. Dostojevski diceva che in una stanza piccola si hanno idee piccole. Per la stessa ragione, vivendo in una città bella, si hanno idee belle, ma devi capire quella bellezza, se no per te non esiste. È norma che da noi le case più basse, diciamo le case popolari, possano progettarle i geometri. Forse serve a tenere bassi i prezzi, una ragione ci sarà, ma sarebbe bene che anche i geometri fossero aiutati a saperne di più sulla storia dell’arte, e che anche nelle case popolari si sentisse la bellezza. La vita degli inquilini sarebbe un’altra vita. Io spero che il ministro dell’Istruzione torni indietro, su questa riduzione dell’Arte. Anzi, spero che il ministro dell’Economia ne tenga conto, perché sappiamo che, alla fine, su queste cose è lui che comanda. E in questo momento non è un comando per cui lo invidiamo.

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