Anche il desiderio è finito non si sceglie sempre e tutto
martedì 12 ottobre 2021

Caro direttore,
'Avvenire' è, in Italia, il giornale più attento al tema della maternità surrogata, la gestazione per altri. Occorre sostenere l’attenzione su questa pratica, che senza dubbio fa eco al crescente disprezzo per ogni limite, che pervade ormai il nostro tempo. La tecnica sarebbe al servizio del desiderio senza limiti. Comprendo ogni generoso tentativo di indicare tutte le possibili aberrazioni di questa pratica, le conseguenze più assurde che ne possano derivare. Basterebbe la notizia di bambini nati ma non 'ritirati' a causa delle restrizioni dei viaggi. E che aspettano di sapere dove e con chi iniziare a vivere.

Ma chi sostiene la causa troverà sempre una motivazione 'pietosa' a sostegno della gravidanza per altri. Ci sarà sempre qualcuno per cui sarebbe un atto di misericordia lasciare che la scienza e la tecnologia permettano di avere un figlio. Con qualche contraddizione, sono gli stessi che difendono un presunto diritto all’aborto. Il sogno di un figlio non si può negare in eterno, si dice. In effetti, chi siamo noi per giudicare se due, o anche una sola persona, siano o meno capaci di diventare genitori? Potenzialmente, tutti ne siamo capaci. Pare però necessario, seppur più ostico, indicare un limite il cui superamento sembra ormai cosa scontata: ci sogno dei sogni, nella vita, dei desideri che non possono né debbono diventare realtà. Che poi è l’esperienza che facciamo ogni mese, in ogni stagione della vita, da giovani o da vecchi.

Le paralimpiadi hanno mostrato al mondo quanto l’uomo possa felicemente superare i limiti imposti dalla propria esistenza. Bello. Ma non vorrei che i successi dei nostri campioni inviassero un messaggio sbagliato: nella vita non esistono limiti. Non dico nella vita 'naturale' perché anche la tecnica è naturale, se è umana. Il vero tema è: la vita è limite. Anni fa incontrai in un Paese africano di lingua inglese un bambino che si chiamava Limited.

Mi chiesi e gli chiesi da dove venisse il suo nome. Era un omaggio al datore di lavoro del padre, leader di una Società a Responsabilità Limitata. Per quanto un po’ assurdo, aveva ragione lui, siamo tutti un po’ Limited. Di figli ne nascono sempre meno, ma cresce la speranza che la ripresa post-Covid comprenda anche una sana ripresa delle gravidanze e delle nascite, nei prossimi anni. Riconoscere a priori, però, che non sempre si deve e si può permettersi un figlio, sarebbe fra l’altro fonte di enorme creatività. Il mondo non è fatto solo per realizzare i miei desideri, è fatto anche, in gran parte, per realizzare desideri altrui: la voglia di maternità, di paternità può moltiplicarsi nella cura e nella dedizione ai figli degli altri, alle ferite del mondo, a chi è già nato e attende che i processi per l’adozione siano (un po’) facilitati.

La base teorica e psichica della Gpa è, in fondo, molto debole: un concetto di amore troppo vicino a un grumo, pur nobile, di desideri da realizzare. Ma l’amore vero e maturo sa che, innanzi tutto, non tutto è disponibile e che amare significa limitarsi, contrarsi anche un po’. Amare è non desiderare tutto ma fare scelte che ne escludano altre. La forza dell’amore è nell’educarlo, il desiderio, non nell’espanderlo. La migliore risposta al desiderio di un figlio da madre surrogata è, nella sua ovvietà, la più complessa, coi tempi che corrono: non si può. La risposta che un buon genitore impara presto a dare ai figli. Gesù direbbe: 'Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi'. Perché la vita non è una possibilità infinita di scelte. Noi non possiamo scegliere né sempre né tutto. E sta qui il segreto di una seria e sobria felicità.

Sacerdote, Pontificia Accademia per la Vita

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