Amori falsi e amori veri (questa Croce che amiamo)
martedì 29 giugno 2021

Tutti siamo chiamati ad amare. Non nello stesso modo, naturalmente. Eppure nel nome di certi 'strani amori' si combattono guerre, si ammazzano donne, si stuprano bambini, si rovinano foreste, mari, ecosistemi. Amori malati, è vero, ma non per quelli che li perseguono. Amori diversi, in conflitto tra loro. Amori che sconfinano nei più biechi egoismi, nell’avarizia, nelle ideologie. Amori che facilmente si confondono e vengono confusi. E poi ci sono gli amori veri. Ma quando possiamo dire: 'Questo sì che è vero amore?'. A livello soggettivo tutti possiamo dire tutto e il contrario di tutto. Nel segreto della propria stanza, chiunque può convincersi di essere chiunque… L’amore vero non teme di essere sottoposto a riscontri esterni. Amare vuol dire volere il bene dell’altro, vederlo felice, realizzato, anche a costo di rinunciare a qualcosa che senti tuo e che, magari, ti spetta di diritto. In questa luce va letta la storia unica, bella, liberante del protagonista dei Vangeli, Gesù di Nazaret.

Lui accoglie con gran rispetto tutto ciò che i padri avevano detto prima di lui e lo supera. Non rubare, non uccidere, non bramare ciò che appartiene agli altri, non è ancora amore, ma sgombra la strada per poterlo costruire. Chi ama si dà, persino si annienta, per la persona amata. Se facile, però, è dirlo, ben più difficile è realizzarlo. E lui ci da l’esempio. Sulla Verità non cede di uno iota, ma, per affermarla, non umilia l’altro né fa ricorso alla violenza. Anzi, è disposto, lui, a essere deriso, schiaffeggiato, ucciso. E a coloro che nei secoli, su di lui decidono di scommettere la vita, lascia in eredità il suo esempio.

Le parole si possono anche confutare, i fatti no. I veri diritti di chi ama, mai e poi mai dovrebbero entrare in conflitto con i diritti altrui. Perché chi ama ha come faro luminoso quel 'non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te'. Entriamo nella complessità della vita, con i suoi addentellati, i suoi egoismi, la sua pluralità. Le varie culture, le diverse mentalità, le differenti esperienze. Tutti meritano rispetto, anche se non tutti, ovviamente, possono avere ragione. È necessario, perciò, il confronto, il dialogo, quel ricercarsi con reciproca simpatia, scendere con l’altro negli anfratti del suo dolore e delle sue gioie. Chi ama, non può avvelenare il pozzo che ti disseta, l’aria che respiri, la terra che ti nutre. Chi ama non può non amare anche chi è nato stamattina o vedrà la luce tra un anno, un lustro, un secolo. Chi ama è responsabile delle sue azioni, delle sue parole, di ciò che scrive; non mente, non imbarazza l’altro, non lo deride, non lo umilia. Chi ama si ritrova sempre dalla parte del più debole. Nella vita tante cose cambiano, non il bisogno di amare e di sentirsi amati. Perciò occorre soffermarsi e insistere sul concetto di amore, visto nella duplice veste di sentimento da vivere e arte da imparare. L’intelligenza ci fu data in dono, la cultura dobbiamo procurarcela noi. Credo che ci guadagneremmo tutti se potessimo guardarci negli occhi senza sfidarci.

Ho sentito il bisogno di scrivere dopo aver letto un commento, su un mio profilo social, di un fratello che non conosco. Sotto la notizia della lettera di papa Francesco a padre James Martin, apostolo tra le persone lgbt, nella quale il Papa ricorda «che lo stile con cui Dio si avvicina a ciascuno di noi ha tre tratti: vicinanza, compassione tenerezza. Dio è padre di tutti e di tutte», Angelo commenta: «Se tutti facessero così, senza alzare polveroni di alcun genere, realmente non ci sarebbero fenomeni da baraccone, martiri sui tacchi, inginocchiamenti desiderati e non avvenuti per giusta ragione. Sono gay ma vi dico che mi vergogno di quello che accade, non mi rappresenta minimamente». Ho incontrato recentemente alcuni fratelli omosessuali calabresi a Napoli. È stato una bella chiacchierata. Uno di loro credo che pregasse più e meglio di me, prete.

Com’è bella e complessa l’umanità. Non riduciamola a sterili stereotipi. Chiunque, per qualunque motivo, manifesti orgogliosamente, invocando diritti, si ricordi di rispettare anche persone come Angelo. Prima di irridere la Croce si ricordi dei milioni di persone che, nel corso dei secoli, quella Croce se la sono volontariamente caricata sulle spalle per amore. Non c’è bisogno di rattristarli e offenderli questi credenti. Ho detto 'credenti' perché Chi su quella Croce fu inchiodato duemila anni fa, da quel lontano giorno dalla Croce non è mai più sceso. La sua agonia durerà fino alla fine del mondo. E così la sua resurrezione. Per te e per me.

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