Ancora sull'amore per creato e creature che conosce gerarchie, e non si chiude
mercoledì 14 settembre 2016
Caro direttore,è certo superfluo che dica di non attendermi risposta, ma è utile si sappia che lo faccio come gesto di “amore”, nella sua ottica, proponendo un punto di vista diverso. Mi riferisco alla sua risposta a tre lettori che lamentano in modo diverso troppo amore per gli animali (11 settembre 2016) e non abbastanza verso i bambini. Lei risponde dicendo che vi è un solo amore, che comprende tutti gli esseri viventi della natura. Sono nato in cascina, contornato da animali di tutti i tipi e più o meno “amabili”, non sono originario di Assisi come lei e per di più ho lavorato per 50 anni al fine di migliorare il servizio che gli animali possono prestare all’uomo. E mi sono fatto un’idea diversa, che mi permetto esprimere in qualche domanda: 1) perché i due “grandi comandamenti «ama il tuo Dio... ama il tuo prossimo...», non contemplano anche gli animali o la natura? 2) perché, in generale, amiamo un cane, un gatto, un canarino..., ma mai una zanzara e... neppure un ratto che pure è un mammifero? 3) perché padre Raniero Cantalamessa il 1° settembre 2015, presente il Papa, affermò che i minerali, le piante, gli animali sono al servizio dell’uomo e che questa gerarchia risulta violata quando si fanno spese pazze per gli animali? Perché Vittorio Possenti afferma che è oggi difficile «mantenere integra la verità sull’uomo come persona e imago Dei, invece che come animale che non differisce da un altro...»? Perché il Catechismo afferma esplicitamente (nn. 2416–2418) che si possono amare gli animali «ma non di quell’affetto che è dovuto solo alle persone»? Ora una brevissima considerazione, sempre in forma di quesito: non sarà che l’«amore che è uno e non esclude nessuno», di cui lei direttore parla, rientri in quella confusione di ruoli che utilizza la natura per essere contro l’uomo? Confusione che da Greenpeace sta contagiando la Chiesa? Se anche lei pensa che in natura l’uomo sia, al più, primus inter pares, la mia risposta è “No, grazie!”.

Giuseppe Bertoni


Lei, gentile professor Bertoni, esercita la sua libertà di testa e di cuore e ama o non ama gli animali a modo suo, certo conoscendoli e rispettandoli da studioso qual è. Lasci che gli altri li amino a modo loro, senza imporre ad alcuno camicie di forza polemiche, senza alzare la polvere irritante di riflessioni alte piegate, qui, a banalità (le “spese pazze” non sono mai buone, figuriamoci per un gatto o un cardellino!) e senza tentare di travestire gli interlocutori da confusionari, inclini a un ambientalismo ideologico... Altri praticano con costanza a diverso proposito questo discutibile e sentenzioso sport, e si può solo cristianamente pazientare, ma da lei che insegna all’Università Cattolica mi aspetterei un tratto diverso... Detto questo, trovo interessante il cuore delle sue domande, e così i suoi costruiti dubbi. Non per quel che chiedono formalmente, ma per quel che dicono nella sostanza. Intendo bene, cioè, che a lei non è piaciuto che io abbia ricordato che l’«amore è uno, e non esclude nessuno» e che le piacerebbe di più sentir parlare sempre e solo di un amore governato da decisive gerarchie. Io penso che le gerarchie esistono, e che esiste – come ho scritto – un’ovvia prossimità e una fraternità umana che viene prima di tutto (perché «non è bene che l’uomo sia solo», e nessun altro essere vivente può, da «pari», darci la compagnia che salva davvero dalla solitudine). E so, da credente, che esiste una speciale «somiglianza» tra l’uomo e la donna e Dio, il Signore e Creatore che si è rivelato ai profeti biblici e che, incarnandosi, ha toccato e cambiato la storia del mondo. Una somiglianza che è amore, che non può essere rinchiuso in un catalogo o, appunto, in una gerarchia. E l’amore è uno (continuo a scriverlo con la minuscola, ma da cristiano l’ho in mente con la maiuscola: Amore). Uno, come Dio Trinità. Uno, secondo l’immortale verso di Dante Alighieri, come «l’Amor che move il sole e le altre stelle».
Consegno alla rinnovata riflessione sua e dei lettori un prezioso brano della Laudato si’ (Ls221), che sono sicuro avrà già avuto occasione di meditare: «Diverse convinzioni della nostra fede, sviluppate all’inizio di questa Enciclica – scrive papa Francesco – , aiutano ad arricchire il senso di tale conversione [a un’ecologia integrale], come la consapevolezza che ogni creatura riflette qualcosa di Dio e ha un messaggio da trasmetterci, o la certezza che Cristo ha assunto in sé questo mondo materiale e ora, risorto, dimora nell’intimo di ogni essere, circondandolo con il suo affetto e penetrandolo con la sua luce. Come pure il riconoscere che Dio ha creato il mondo inscrivendo in esso un ordine e un dinamismo che l’essere umano non ha il diritto di ignorare. Quando leggiamo nel Vangelo che Gesù parla degli uccelli e dice che “nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio” (Lc 12,6), saremo capaci di maltrattarli e far loro del male? Invito tutti i cristiani a esplicitare questa dimensione della propria conversione, permettendo che la forza e la luce della grazia ricevuta si estendano anche alla relazione con le altre creature e con il mondo che li circonda, e susciti quella sublime fratellanza con tutto il creato che san Francesco d’Assisi visse in maniera così luminosa ». Che dire di più e meglio?
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