Alt al partito della guerra
martedì 11 ottobre 2022

Le bombe russe sulle città ucraine, a breve distanza dall’attentato ucraino al Ponte della Crimea, mostrano nella carne e nel sangue delle vittime quanto era già evidente a chi voleva ancora ragionare. Questa è un guerra che nessuno può vincere secondo quanto proclama. L’Ucraina non può sperare di tornare ai confini pre-2014, riprendendo il Donbass e la Crimea. La Russia non può credere di annettere l’intero Est dell’Ucraina fino al Dnepr e poi tenerlo nonostante l’ostilità di una parte consistente della popolazione, la guerriglia degli ucraini, l’opposizione dell’intero Occidente. Con questa guerra tutti perdono, uno solo vince: il partito della guerra a oltranza.

Partito che esiste ed è forte, come gli ultimi eventi dimostrano. Gli Stati Uniti, che per sostenere l’Ucraina hanno investito 66 miliardi di dollari tra forniture d’armi e appoggi finanziari, stavano mandando segnali evidenti a Zelensky e ai suoi. Le rivelazioni, affidate al solito 'New York Times', sulla responsabilità dei servizi segreti di Kiev nell’assassinio della figlia di Aleksandr Dugin e nell’attentato al Ponte di Crimea erano un chiaro invito alla cautela, anche perché venivano dopo le dichiarazioni (prudenti ma significative) di Joe Biden e del segretario di Stato Blinken sull’opportunità di un dialogo con la Russia. Zelensky e i suoi non hanno sentito ragione, confidando nell’appoggio incondizionato degli Usa e nella spinta di Polonia, Regno Unito e Baltici, i Paesi che più di tutti, in Europa, vogliono cogliere l’occasione per tagliare le unghie all’orso russo.

E un partito della guerra totale cresce e prospera anche in Russia, all’ombra del fallimento della strategia di Putin, che pensava di invadere l’Ucraina con un contingente ridotto di volontari a contratto, senza 'disturbare' i normali cittadini russi. Era la filosofia della 'operazione militare speciale' che ora molti vorrebbero sostituire con una guerra senza freni né limiti. Sono i soliti Kadyrov (il leader ceceno che ha fornito migliaia di soldati) e Prigozhin (fondatore dell’esercito mercenario Wagner), che hanno crediti da riscuotere. Ma anche gli ambienti dei servizi di sicurezza e della Guardia Nazionale, il corpo di 300mila uomini creato proprio da Putin nel 2016.

Gli uni e gli altri, a gran voce o borbottando nei corridoi, chiedono le dimissioni del ministro della Difesa Shoigu e del capo di stato maggiore Gerasimov per mettere sotto pressione il Presidente. I bombardamenti di ieri, più ancora che una vendetta per l’attentato al Ponte, sono ciò che Putin ha dovuto concedere a settori influenti e insoddisfatti del suo stesso sistema di potere.

C’è un solo modo per opporsi a una degenerazione che prosegue da nove mesi e ormai prospetta addirittura l’uso della bomba atomica: dare vita e forza politica a un partito della pace. Ne abbiamo azzeccate poche, in questo periodo. Sei mesi fa dicevamo che la Russia stava finendo i missili, e solo ieri ne ha lanciati quasi 90 sull’Ucraina.

E pronosticavamo un rapido crollo del sistema economico e sociale russo, mentre ora gli analisti prevedono un ben poco risolutivo calo del 4,5% del suo Pil. Senza idee nuove il conflitto potrà durare molto a lungo e produrre disastri colossali. Sappiamo che la guerra non era inevitabile ma risponde al lucidamente folle progetto del Cremlino di mettere fine al secolo americano. Sappiamo chi è l’aggressore e chi l’aggredito.

Ma ripeterlo senza fare nulla è ormai un mantra autoconsolatorio. Bisogna mettere fine all’inutile strage. E per farlo è indispensabile una risoluta iniziativa dell’Europa, che faccia leva sui sempre più evidenti dubbi degli Usa e sull’evidentissimo disagio di Vladimir Putin. È l’ora che Italia, Germania e Francia si sveglino e tornino al ruolo che la Storia ha loro assegnato. Fuori da qui sarà comunque un disastro.

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