domenica 1 maggio 2016
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Caro Alex, «così non è giusto!». Sembra levarsi in coro la protesta di tanti in questi giorni in cui scade la squalifica che ti è stata inflitta tre anni e nove mesi fa per doping. Lo sapevi anche tu che quello che doveva essere il giorno della liberazione poteva trasformarsi in nuovo processo: «Mi guarderanno storto? Pazienza. Li capisco e vado avanti». E sei andato avanti per lunghissimi mesi ripetendo a te stesso, a ogni passo e a ogni allungo, che 'non era giusto' quello che avevi fatto, che 'non era giusto' sciupare il tuo talento, che 'non era giusto' guardare sempre agli altri. Ciò che non è giusto è difforme rispetto a ciò che dovrebbe essere. E come si potrebbero rimettere le cose nel giusto ordine? Semplicemente con la punizione? Non credo. Servirebbe solo per isolare e umiliare la persona, per costringerla in una sorta di ergastolo interiore, schiacciata dai sensi di colpa. L’unica via possibile per realizzare la giustizia è compiere un cammino, a volte faticoso, per giungere alla propria vera identità. E tu l’hai fatto caro Alex. Hai lasciato la tranquillità del tuo piccolo paese di Calice per immergerti nel frastuono della Nomentana, ti sei scelto un maestro di sport per reimparare le regole, hai sborsato di tasca tua per pagare albergo ed esami, hai accettato i controlli antidoping a sorpresa anche la mattina di Capodanno. Hai ritrovato la strada e hai ricominciato a marciare. Ciò che sta dietro ora non conta più. È il futuro ora a contare. Il bene possibile di domani, che sia la gara o addirittura la medaglia, conta più del male di ieri, con la faccia del doping e dell’imbroglio. La notizia più grande non è solo il tuo ritorno alle corse, ma che è possibile la redenzione dell’uomo. Il perdono non è semplice buonismo smemorato che dimentica il passato. Sarebbe come non riconoscere il peso del male commesso. Piuttosto è una liberazione, un rimettere in cammino la vita, vuole essere energia per domani. Un atleta, ancor prima un uomo, non coincide con i suoi errori, ma con le sue infinite possibilità: «Rivoglio una vita, una passione, un futuro. Figli e famiglia. Marciare a testa alta. Senza dovermi vergognare. Sì, avanti ho Rio, ma stavolta ho soprattutto me stesso». La tua vita non coincide con i tuoi errori ma con i tuoi ideali e con tutto il bene che puoi ancora fare. Tra i primi a credere alla tua possibilità di rinascita c’è stato il professor Sandro Donati, uomo simbolo dello sport pulito: «Le persone hanno il pieno diritto a riacquistare tutta la loro dignità dopo gli errori che hanno commesso». E poi il cane Sumi, che incontri ogni giorno e che verrà a sostenerti al rientro in gara con il suo padrone, un ingegnere che ha perso il lavoro. I pensionati sulla panchina del Parco delle Valli che non hanno mai smesso di incitarti con un 'daje!' in perfetto romanesco e tanti altri che si sono fatti carico con le mani e con il cuore del peso della tua speranza. «Mi sono allenato tra pensionati, gente comune, persone disoccupate». Sono la più bella espressione dell’umanità che gioisce nel vedere un figlio correre libero sotto il sole, che sa ancora meravigliarsi per questa forza che risana dal male e spinge la vita verso l’alto. Ci insegnano che la malattia più pericolosa da combattere nel nostro tempo è 'il cuore di pietra' di chi guarda ma non vede, di chi giudica, ma non si lascia ferire dalle ferite di chi ha davanti. Questi tuoi amici ci avvisano che la terra sembra più abitata da giudici che da Samaritani e questo, caro Alex, 'non è giusto!'. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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