Francesco adesso parla al cuore di Dio della speranza di questa Chiesa
martedì 22 aprile 2025

C’era qualcosa di grande, nell’aria, al Regina Coeli di domenica, solennità della Pasqua di Risurrezione del Signore, c’era qualcosa di grande che univa la folla dei fedeli, numerosa come non mai. Anzi, non una folla, semplicemente, ma un popolo venuto a salutare il suo Pontefice. E ha voluto salutarci, Francesco, con l’ultimo estremo sforzo dei suoi polmoni malati, con l’ultimo estremo sforzo della sua volontà di ferro: «Cari fratelli e sorelle: Buona Pasqua!».

Sì, davvero buona Pasqua a te, papa Francesco, buon passaggio da questo mondo al Padre, Jorge Mario Bergoglio. Domenica si è come spento in quella piazza gremita, ombelico del mondo, tutto il vociare di questi anni: i dubbi e le certezze; gli osanna e i crocifiggilo; i supposti complotti e i venti di riforma, ed è rimasta la Chiesa. Sei rimasto tu, 266º Papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma, 8º sovrano dello Stato della Città del Vaticano. Tu che con la grazia che ti è stata data e la tua determinazione hai condotto la Chiesa in questi ultimi dieci anni del III millennio. Anni difficili, anni di svolte epocali, anni di martirio e di defezione, anni di eroismi e di scandali.

Non sappiamo cosa ti riserverà il Cristo Benedetto, ma certo, come attesta Paolo, riceverai la tua lode da Dio. Quella folla, domenica, ci ha commossi, era semplicemente in attesa di rallegrarsi con te, per il tuo ritorno a quella finestra, per la tua supposta salute ritrovata. Una stessa commozione mi sorprese meno di due anni fa, il 27 dicembre 2023, quando in udienza con alcune autorità sammarinesi potei stringerti la mano, parlare con te. In quell’occasione, volesti ancora una volta azzerare le distanze, parlare al cuore delle persone. Sei passato tra noi con una sedia a rotelle e hai voluto che restassimo seduti per poterci guardare negli occhi, per non obbligarci a stare chini verso di te.

Le lacrime correvano più delle parole e i tuoi occhi vivaci, ma severi, ci scrutavano e parevi presago del tempo ridotto che ti attendeva. Nessuno se lo aspettava, eppure dovevamo supporlo. Hai scelto di uscire di scena nel cuore dell’anno giubilare da te indetto: nel cuore della grande settimana, quella di Pasqua. Tutto davanti a Dio ha il suo senso. E la memoria corre all’affresco del 1300 in San Giovanni Laterano a Roma, noto come Papa Bonifacio VIII che indice il Giubileo.

Anche lì la statuaria figura del pontefice, davanti a una folla in devoto ascolto, spegneva le critiche, le questioni legate a papa Celestino, rinunciatario al soglio pontificio, e si trasfigurava nel suo ruolo più semplice e puro di successore di Pietro. Papa Bonifacio che indisse il primo grande Giubileo della storia, e papa Francesco che muore nello stesso anno in cui ha indetto il Giubileo della grande Speranza. Che tu possa parlare ora al cuore di Dio della grande speranza della Chiesa che naviga nelle acque agitate di questo difficile millennio.

Aprici tu, ora davvero, le porte del Cielo, implora per noi, la pace che tanto ti stava a cuore, la stabilità delle nazioni, la libertà ai prigionieri di ogni tipo, la sicurezza sociale ed economica delle famiglie. Implora tu per noi, per questa Chiesa che ancora, dopo più di 2.000 anni, vive fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.

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