lunedì 9 gennaio 2023
L'incontro pubblico sul tema “La pace può vincere la guerra” organizzato dalla coalizione "Europe for Peace"
Il palco di Verona

Il palco di Verona

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Caro Direttore,

il vescovo di Verona, Domenico Pompili, fresco di nomina, e il sindaco Damiano Tommasi, alla guida della città da pochi mesi, per la prima volta insieme in un incontro pubblico sul tema “La pace può vincere la guerra”, hanno raccolto applausi liberatori e commossi degli spettatori che hanno riempito all’inverosimile il grande Auditorium della Gran Guardia nella centralissima Piazza Bra. Più di mille persone stipate e centinaia rimaste fuori a seguire la conferenza in streaming.

La Verona pacifista si è ritrovata e riconosciuta nel sindaco e nel vescovo che ospitavano un parterre di altissimo livello: Andrea Riccardi, già ministro e fondatore della Comunità di Sant’Egidio; Maurizio Landini, segretario generale della Cgil; Rossella Miccio, presidente di Emergency; e Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del Terzo Settore. In apertura, a sorpresa, è intervenuto anche il fisico Carlo Rovelli, veronese imprestato al mondo della scienza, che ha rilanciato la proposta dei 50 Nobel per la riduzione del 2% delle spese militari mondiali per 5 anni, che libererebbe un trilione di dollari utilizzabile per la creazione di un fondo globale di dividendo per la pace da investire per la transizione ecologica, la sanità, l’istruzione, e combattere la povertà.

L’evento è stato organizzato dalla coalizione “Europe for Peace” a conclusione della campagna “Natale tempo di pace” che ha visto realizzarsi una miriade di iniziative tra la festività cattolica e protestante del 25 dicembre e la festività ortodossa del 7 gennaio. A Verona si è conclusa idealmente la Marcia nazionale della pace avviata a fine anno ad Altamura (Bari) dal vescovo Giovanni Ricchiuti e organizzata dalla Cei, dall'Azione Cattolica, Caritas e Pax Christi, e dalla diocesi di Altamura, Gravina e Acquaviva delle Fonti, che era proseguita il primo dell’anno a Bologna con l’apertura del cardinale e arcivescovo Matteo Zuppi, presidente della Cei, e chiusura del sindacalista Landini, mentre a Roma la Comunità di Sant’Egidio si univa all’Angelus del Papa “Nessuno può salvarsi da solo”. Nell’arco temporale dei due Natali ci sono state tante mobilitazioni locali laiche a Milano, Genova, Palermo, Napoli e, a livello europeo, tante iniziative in Germania, Olanda, Belgio, Spagna, Polonia.

La richiesta era quella di una tregua di Natale, avanzata dal Papa, dal Patriarca e dai movimenti per la pace di tutto il mondo. «Abbiamo sperato in una tregua del Natale, anche ortodosso – ha detto Riccardi – ma i russi hanno nicchiato e gli ucraini non l’hanno voluta».

Sul palco si è creato un dialogo denso, tra il vescovo e Rovelli, che si è autodefinito ateo «ma oggi lavoro benissimo e sono in piena sintonia con il pacifismo cattolico, e tanti amici cattolici lo sono con me, sul tema dello “scontro di civiltà”. «Ci stiamo raccontando che siamo i buoni del mondo – ha detto il fisico –, i difensori della giustizia, ci stordiamo di chiacchiere sulla malvagità altrui, ma la realtà è tutt’altra». Il vescovo ha confermato piena sintonia: «Abbiamo bisogno di aderire a una cultura più simbolica e meno diabolica: è una scelta prendere le distanze dallo scontro di civiltà in atto». La strada indicata è quella di abbandonare subito la logica dello scontro, del predominio, del conflitto bellico da perseguire “fino alla vittoria”.

Landini ha affermato che «serve un nuovo modello economico per una giustizia sociale, tagliando le spese per gli armamenti e puntando a una produzione sostenibile»: per la prima volta un dirigente sindacale pone seriamente il tema del lavoro nell’industria bellica come un tabù da rompere e superare con la riconversione dal militare al civile. Il sindaco Tommasi ha rivendicato la sua origine e formazione come obiettore di coscienza, scelta che lo guida ancor oggi nel governo della città: «Qui tutti devono sentirsi a casa, non c’è una “casa nostra” e una “casa loro”, dobbiamo creare una comunità unita».

Rossella Miccio si è soffermata sulle guerre “dimenticate” e sull’inaccettabile distinzione tra profughi bianchi e neri, lontani da noi o che assomigliano a noi. Vanessa Pallucchi ha affrontato il tema troppo sottovalutato dell’impatto ambientale e sulle future generazioni delle scelte finanziarie militarizzate che oggi i governi stanno facendo a scapito degli investimenti sulla conversione ecologica. In piena sintonia con Riccardi: «La guerra non la paga chi la proclama, ma i poveretti che la subiscono».

Verona è stata raccontata come un laboratorio e un avamposto di una destra violenta ed estremista, non solo nel tifo calcistico. Ma da questo incontro alla Gran Guardia è emersa la Verona migliore, e forse maggioritaria.

Verona ha una grande e lunga tradizione di impegno per la pace: dal primo obiettore di coscienza cattolico incarcerato nel 1968, Enzo Melegari, al primo avvio del Servizio civile, 50 anni fa all’Istituto Don Calabria di don Antonio Mazzi. Poi ci sono state le Arene dei Beati i costruttori di pace negli anni ‘80 con don Tonino Bello e Alexander Langer; l’Arena straordinaria del gennaio 1991 contro la guerra nella ex Jugoslavia; e l’Arena di pace e disarmo del 25 aprile 2014 che ha riempito l’anfiteatro con don Ciotti, Gino Strada, padre Zanotelli. A Verona c’è un vivace mondo missionario e opera il Movimento Nonviolento che ha qui la sua sede nazionale che ospita anche la segreteria della Rete Italiana Pace e Disarmo. Infine, a Verona è attiva un’esperienza di forte civismo che è arrivato a governare la città.

L’intreccio tra mondo cattolico, laico, missionario, pacifista e ambientalista può fare di questa bella città un simbolo di una nuova cultura della nonviolenza. E già si profila la convocazione di una nuova Arena di pace.

Presidente del Movimento Nonviolento, Esecutivo Rete italiana Pace e Disarmo

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