Un impegno più forte
venerdì 3 agosto 2018

Papa Francesco ha modificato un articolo del Catechismo della Chiesa cattolica (n.2267), affermando, alla luce del Vangelo, «l’inammissibilità della pena di morte perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona». È una definizione chiara e decisa che impegna la Chiesa e i cattolici ovunque nel mondo perché si difenda sempre e comunque la intangibilità della vita anche attraverso l’eliminazione di questa pena disumana. Il Papa ha comunicato questa modifica del Catechismo a tutti i vescovi del mondo. È un impegno grande e vasto per tutta la Chiesa a educare e lavorare, anche in questo campo, per salvaguardare la sacralità della vita umana e la sua dignità.

Il cambiamento annunciato ieri toglie ogni giustificazione alla pena di morte anche in quei «rari casi» in cui era tollerata perché «era più difficile garantire che il criminale non potesse reiterare il suo crimine». Con la modifica apportata al Catechismo la Chiesa segna una pietra miliare del suo insegnamento e del suo deciso impegno presso gli Stati e i governi, perché vengano create le condizioni che consentano di eliminare «oggi» l’istituto giuridico della pena di morte.
Il termine «oggi» che il Papa usa è esemplificativo dell’urgenza da lui sentita perché questa pratica disumana volga presto al suo termine. C’è un «oggi» che s’impone da una realtà ancora tanto ingiusta e disumana, seppure negli ultimi anni i progressi sono stati notevoli. Sono, infatti, ancora cinquantasette i Paesi che mantengono in vigore la pena capitale, anche se il numero di quelli dove le condanne a morte sono eseguite è molto più basso.

Finora 142 Paesi l’hanno abolita per legge o nella pratica e negli ultimi anni sono giunte buone notizie in questo senso soprattutto dal continente africano. A tutt’oggi l’Europa resta l’unico continente ad avere bandito questa pena dai suoi ordinamenti e se si vuole “entrare” in Europa questa è una precondizione. A livello delle Nazioni Unite ci sono state prese di posizione significative, come il voto reiterato per una moratoria universale della pena capitale che ha visto, in questi ultimi anni, una crescente maggioranza dei Paesi votare a favore.

La Chiesa cattolica, con questa decisione di papa Francesco, tiene conto dell’evoluzione positiva della lotta contro la pena di morte e afferma inequivocabilmente l’inammissibilità alla luce del Vangelo di questo strumento giuridico e la dignità inviolabile della vita di ciascuno anche di chi ha commesso crimini. La presa di posizione è tanto più significativa, quanto più vasta è la presenza della Chiesa e dei cattolici. Oggi, tutti coloro che negli angoli del mondo sono coinvolti in questo delicato fronte, si sentono rafforzati nel loro impegno perché la pena di morte sia finalmente abolita. È il caso di associazioni cristiane o laiche che hanno fatto dell’abolizionismo un impegno decisivo, è il caso di Conferenze episcopali come quella filippina, indonesiana, ugandese o statunitense (per citarne solo alcune) impegnate unanimemente su questo fronte in Paesi retenzionisti.

L’«oggi» ha anche un altro significato: davanti al “culto della morte” espresso dal terrorismo, dalla violenza diffusa o dalla guerra a pezzetti, combattere la pena di morte significa ribadire il senso della vita e contestare la logica della morte. Il nichilismo che c’è dietro a chi si batte per togliere la vita agli altri non è contestato, ma avvalorato dalla pena di morte. Essere contrari alla pena di morte è confermare le ragioni della vita: la vita è più forte di tutto e la storia non è stata scritta per sempre.
Esiste umanità finché c’è vita, anche poca, anche debole, anche limitata.

Così come rispettiamo la vita in tutte le sue forme, così dobbiamo credere anche che la vita del condannato può avere un valore. Chi siamo noi per giudicare quanta vita è rimasta e quanto vale? Una nazione che abolisce l’uso della pena capitale, è una nazione che non ha posto limiti al futuro, che dà ai propri cittadini un segnale di speranza: nulla è già scritto o è irreversibile. Essere contro la pena di morte rappresenta una vigilanza continua sul nostro pensiero e sulla società: un modo per sottrarsi al sonnambulismo che porta al disinteresse alla vita degli altri o, addirittura, a negare un possibile cambiamento.

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