Vendite record di armi a Taiwan: così gli Usa puntano a contenere la Cina
di Luca Miele
Il pacchetto da 11,1 miliardi di dollari è il più alto mai licenziato a favore di Taipei. L'obiettivo è aumentare il potere di deterrenza dell'isola. L'ira di Pechino

Gli Stati Uniti hanno approvato una vendita di armi da 11,1 miliardi di dollari a favore di Taiwan, il più grande pacchetto di armamenti mai liquidato dagli Stati Uniti per l'isola ribelle. Lo stanziamento è il secondo sotto l'attuale amministrazione Trump ed è destinato a infiammare, ancora una volta, le relazioni già tese con la Cina. La reazione del gigante asiatico non a caso è stata immediata (e irata). “Washington smetta subito di armare Taiwan”, ha tuonato Guo Jiakun, portavoce del ministero degli Esteri del Dragone. "La Cina esorta gli Stati Uniti ad attenersi al principio di una sola Cina e di interrompere immediatamente le pericolose iniziative per armare Taiwan”, ha insistito il portavoce. Per Pechino il sostegno all’isola si inserisce nel più ampio approccio strategico degli Usa finalizzati al contenimento della Cina. “Il tentativo degli Stati Uniti di usare la forza per sostenere l'indipendenza di Taiwan si ritorcerà contro di loro, e il loro tentativo di contenere la Cina usando Taiwan non avrà assolutamente successo", ha detto ancora Guo.
L'accorso tra Washington e Taipei include otto acquisti separati, che comprendono sistemi missilistici HIMARS, missili anticarro, missili anticarro, droni suicidi, obici, software militare e componenti per altri equipaggiamenti. Come scrive la Reuters, lo stanziamento arriva dopo un viaggio non annunciato del Ministro degli Esteri di Taiwan, Lin Chia-lung a Washington la scorsa settimana per incontrare funzionari statunitensi.
Quale è la finalità strategica della nuova imponente vendita di armi e che smentisce le preoccupazioni taiwanesi su una presunta “freddezza” del presidente Usa verso Taipei? Secondo il Pentagono “le vendite di armi servono gli interessi nazionali, economici e di sicurezza degli Stati Uniti”, sostenendo i continui sforzi di Taiwan per modernizzare le sue forze armate e mantenere una "capacità difensiva credibile". L’obiettivo è duplice: come chiariscono le autorità di Taipei, “costruire rapidamente un forte potere deterrente” da parte dell’isola, sfruttando “i vantaggi della guerra asimmetrica, che costituiscono la base per il mantenimento della pace e della stabilità regionale". "Il nostro Paese continuerà a promuovere le riforme della difesa, a rafforzare la resilienza difensiva dell'intera società, a dimostrare la nostra determinazione a difenderci e a salvaguardare la pace attraverso la forza", ha dichiarato la portavoce dell'ufficio presidenziale di Taiwan, Karen Kuo.
Una centralità, quella di Taiwan, ribadita dalla Strategia di sicurezza nazionale dell'amministrazione Trump, presentata all'inizio di questo mese. Nel documento viene ribadita che “la deterrenza dei conflitti contro Taiwan, idealmente mantenendo la superiorità militare, è una priorità degli Stati Uniti e che Washington manterrà la sua posizione politica di lunga data, secondo cui gli Stati Uniti non supportano alcun cambiamento unilaterale dello status quo nello Stretto di Taiwan”.
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