Un solo soldato a processo per il Bloody Sunday

"Soldier F.", protetto dall'anonimato, è a giudizio per la morte di due civili. Nessun altro membro dell'esercito inglese è indagato, a 53 anni dalla strage di 14 repubblicani cattolici
September 25, 2025
Un solo soldato a processo per il Bloody Sunday
Reuters | Un sostenitore di "Soldier F." davanti al tribunale di Belfast
Alla Crown Court di Belfast è iniziato alcuni giorni fa uno dei più importanti processi della storia giudiziaria britannica. Dietro una tenda nera, che ne nasconde l’identità come un velo funebre, siede un uomo anziano, l'ex caporale noto come “Soldier F”. È il protagonista di una vicenda che non parla solo di colpe individuali ma interroga, oltre mezzo secolo dopo, la coscienza stessa del Regno Unito. È il processo a un’epoca, a un sistema, a un patto non scritto tra potere e impunità. Il nome “Bloody Sunday” evoca istantaneamente immagini drammatiche: Derry, 30 gennaio 1972, i paracadutisti britannici che aprono il fuoco su una manifestazione pacifica per i diritti civili. Un bilancio tragico: 14 civili repubblicani e cattolici morti, altri 16 feriti. Tutti disarmati. Quello che doveva essere un giorno di protesta divenne una strage. Un trauma che avrebbe segnato per sempre il conflitto anglo-irlandese, accendendo la miccia di decenni di violenza. Per anni le autorità sostennero che i soldati avessero agito per difendersi. Solo nel 2010, dopo una lunga e monumentale inchiesta guidata da Lord Saville, il governo britannico fu costretto ad ammettere l’orrore. Ma le parole pronunciate dall’allora primo ministro David Cameron alla Camera dei Comuni, pur segnando un passaggio storico, lasciarono intatto il cuore della questione: nessuno era stato punito. Almeno fino ad oggi.
Soldier F. è accusato di due omicidi e cinque tentati omicidi ed è il primo membro delle forze armate britanniche a rispondere penalmente per quanto accaduto durante quel giorno. A distanza di 53 anni, la sua comparsa in aula – seppur dietro il sipario opaco che ne garantisce l’anonimato – ha riportato in primo piano le ferite aperte di un intero popolo e il verdetto sarà inevitabilmente un giudizio sulla storia.
L’udienza attuale non è ancora il processo vero e proprio ma una fase preliminare, in cui il giudice deve decidere sull’ammissibilità delle prove. La difesa di Soldier F sostiene che le prove non sono affidabili, le testimonianze viziate, la memoria dei testimoni alterata dal tempo e dalle circostanze. Ma nonostante i numerosi tentativi di farlo archiviare per “insufficienza di prove”, finora i giudici hanno deciso di andare avanti. In realtà, sul banco degli imputati, è l’intero impianto di potere britannico. Dietro la figura dell’anziano caporale si cela l’ombra lunga di uno Stato che per decenni ha protetto, premiato e decorato chi si è reso responsabile di massacri. Altri processi hanno chiarito che quello non fu un errore isolato, ma una strategia politica precisa che mirava a garantire l’impunità a chi agiva per conto della Corona, anche a costo della verità e della giustizia.
Oggi, mentre a Westminster si approvano nuove leggi per limitare le indagini sui crimini del passato, il processo a Soldier F diventa quindi ancora più cruciale. Non è solo un dibattito tecnico su documenti e testimonianze: è l’ultima occasione per affermare un principio fondamentale, cioè che nessun crimine è al di sopra della legge, nemmeno quelli commessi dallo Stato. Non tutto può finire prescritto, archiviato, dimenticato. I familiari delle vittime lo sanno bene. Hanno combattuto per più di cinquant’anni con una tenacia che ha dell’incredibile. Alcuni sono morti senza mai conoscere la verità. Altri ancora sperano che almeno questa volta sia fatta finalmente giustizia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA