Trump scarica l'Europa: «È una civiltà a rischio»
di Elena Molinari, New York
Con la nuova National security strategy, gli Usa sposteranno il baricentro della propria presenza militare e politica sull’emisfero occidentale. Mettendo il resto del pianeta in secondo piano

È ufficiale: Donald Trump non crede più alla Nato, intende disimpegnarsi dall’Europa (che considera un continente in declino) e vuole concentrare le risorse Usa sulle Americhe. La nuova National security strategy pubblicata dalla Casa Bianca contiene un messaggio scomodo per la Ue: nel momento in cui la guerra preme ai suoi confini, la garanzia americana non è più scontata. Nel documento, che traccia le linee guida della politica americana interna ed estera, emerge infatti con chiarezza che Washington non intende più «reggere da sola l’ordine mondiale» e che sposterà il baricentro della propria presenza militare e politica sull’emisfero occidentale, mettendo il resto del pianeta in secondo piano. Dietro questa svolta c’è un giudizio severo sul futuro dell’Europa, descritta a rischio di «cancellazione di civilizzazione» e di perdita di identità entro vent’anni, per colpa di politiche migratorie, denatalità, burocrazie sovranazionali e «censura della libertà di parola». Gli Stati Uniti spiegano di cercare invece una «stabilità strategica» con Mosca con toni che si avvicinano alle narrative russe e mettono in ombra la principale minaccia militare che l’Europa percepisce mentre subisce incursioni con droni sul proprio spazio di sicurezza.
L’America si ritrae
Il documento è la missione programmatica con cui la Casa Bianca ridefinisce fini e mezzi della potenza Usa e la sua nuova tesi di fondo è che dopo la Guerra fredda l’America ha inseguito una «dominazione permanente» del mondo, pagando costi che l’opinione pubblica non accetta più. Da qui la promessa di una politica estera concentrata solo sugli interessi vitali nazionali: l’America First. In questo quadro Trump rivendica una «necessaria correzione» rispetto alle Amministrazioni precedenti e lega tutela dei confini a reindustrializzazione, energia, primato tecnologico e rilancio della «salute spirituale e culturale» del Paese, con accenti su famiglia e natalità.
Il baricentro torna a Ovest
La parte più corposa della strategia riguarda il riorientamento verso le Americhe. Washington intende rafforzare la presenza navale nelle rotte atlantiche e pacifiche del proprio emisfero per combattere narcotraffico, migrazioni irregolari e influenza di potenze rivali. Il testo parla di un “Trump Corollary” alla dottrina Monroe: l’idea di uno spazio di sicurezza prioritario in cui gli Stati Uniti devono restare «preminenti». È un segnale alla Cina ma anche agli alleati europei: la protezione del territorio americano viene prima di ogni altro teatro.
Europa nel mirino
La strategia riconosce che l’Europa resta «strategicamente e culturalmente vitale» per gli Stati Uniti, ma sostiene che le sue difficoltà economiche non sono nulla di fronte al rischio di una scomparsa civile e culturale. Le responsabilità, secondo la Casa Bianca, è dell’Unione Europea e di organismi transnazionali che «minano sovranità e libertà politica», dell’immigrazione che «trasforma il continente» e della repressione del dissenso. Qui il testo evoca la possibilità che alcuni Paesi Nato diventino «a maggioranza non europea» nel giro di qualche decennio, con un’eco evidente delle teorie razziste del «grande rimpiazzo». Non a caso, alcune voci europee hanno reagito con durezza: l’ex ambasciatore francese Gérard Araud ha parlato di toni da «pamphlet di estrema destra», mentre l’ex premier svedese Carl Bildt ha definito «bizzarro» che la minaccia alla democrazia venga vista soprattutto in Europa.
Ucraina: pace rapida e «stabilità» con Mosca
Sul conflitto ucraino la strategia sostiene che è interesse vitale degli Stati Uniti negoziare un cessate il fuoco «rapido» per stabilizzare l’economia europea e ricostruire l’Ucraina come Stato «sostenibile». Nello stesso passaggio, però, Washington afferma che la relazione con la Russia va gestita in modo da ripristinare una «stabilità strategica» in Eurasia e ridurre il rischio di guerra con Mosca. La critica ai governi europei – descritti come minoranze instabili, pronte a reprimere l’opposizione e incapaci di tradurre la «voglia di pace» dei popoli – sposta dunque la pressione diplomatica americana da Putin alle capitali Ue, evidenziando un parziale disimpegno dalla tradizionale fedeltà ai principi della Nato e una disponibilità a convergere su obiettivi storicamente cari al Cremlino.
Nato: stop allargamento e più oneri per l’Europa
Il punto più dirompente per l’architettura di sicurezza europea è l’impegno a «porre fine alla percezione – e impedire la realtà – di una Nato in continua espansione». È una formula che risponde alle richieste russe di lungo periodo e che mette in discussione l’aspirazione ucraina a entrare nell’Alleanza Atlantica come garanzia contro nuove aggressioni. Allo stesso tempo, Trump ribadisce la richiesta che l’Europa «stia in piedi sulle proprie gambe», assumendosi la responsabilità primaria della difesa del continente. La relazione transatlantica viene quindi ripensata come un patto condizionato che suona come un ultimatum: collaborazione sì, ma nel contesto di un’Europa che spende di più, contiene le proprie tensioni interne e si allinea a una visione americana di «rinascita occidentale».
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