Trump: doppi dazi al Canada. Poi ci ripensa
Come benvenuto al nuovo premier canadese Carney, il presidente Usa ha minacciato un aumento delle imposte per poi fare marcia indietro. Borse, a partire da Wall Street, in calo

Tra Washington e Ottawa è ormai guerra (commerciale) aperta. La tensione tra i due Paesi ha raggiunto l’apice due giorni dopo la vittoria che, in Canada, porterà il liberale Mark Carney alla guida del governo dopo i tre mandati di Justin Trudeau. Il “benvenuto” del presidente statunitense Donald Trump al primo ministro in pectore è stato un annuncio al vetriolo: dazi aggiuntivi del 25% sull’acciaio e sull’alluminio canadesi importati dagli Usa a partire da oggi. Rialzo che, se confermato (il tycoon non è estraneo ai ripensamenti tattici e già in serata ci avrebbe ripensato), si tradurre in un raddoppio delle tariffe perché sommato a quello di un altro 25% già in programma per oggi nell’ambito di una stretta protezionista contro i produttori metallurgici di tutto il mondo. Il leader repubblicano lo ha giustificato come reazione al sovrapprezzo del 25% minacciato dall’Ontario, la provincia canadese dei Grandi Laghi a ridosso degli Usa, sull’elettricità fornita agli stati americani confinanti: Minnesota, Wisconsin e Michigan per un totale di circa 1,5 milioni di abitanti. Prospettiva che lo ha mandato su tutte le furie. «Il Canada scende così in basso da usare l’elettricità, che influisce sulla vita di persone innocenti, come merce di scambio e minaccia », ha tuonato con un post su Truth. Trump si è spinto fino a ventilare l’idea di dichiarare «un’emergenza energetica nell’area minacciata». E non solo. «Se il Canada non eliminerà le sue tariffe contro di noi – ha intimato – aumenterò sostanzialmente, il 2 aprile, i dazi sulle auto in arrivo negli Stati Uniti, cosa che, essenzialmente, farà chiudere definitivamente la produzione automobilistica canadese». Ottawa, per il momento, non arretra. Il premier designato Carney ha bollato le minacce della Casa Bianca come «un attacco ai lavoratori, alle famiglie e alle imprese » nazionali promettendo di creare un esecutivo capace di tenere testa al vicino: «La nostra risposta deve avere il massimo impatto negli Stati Uniti e il minimo qui in Canada». Da parte sua, il titolare del governo dell’Ontario, Doug Ford, ha convocato una conferenza stampa per mandare a dire a Washington che, se necessario, non esiterà a tagliare del tutto le forniture elettriche. «Credetemi quando vi dico che non voglio farlo – ha puntualizzato –. Sto male per gli americani perché non sono loro ad aver iniziato questa guerra commerciale. Solo una persona è responsabile ed è Trump». Di certo c’è, per adesso, che l’escalation ha agitato ulteriormente i mercati internazionali già provati dalle turbolenze sollevate dal trumpismo commerciale spinto dei giorni scorsi e dallo spettro di una conseguente recessione. Giù Wall Street con le Borse di Milano, Parigi , Francoforte e Londra al seguito. È questo il clima che farà da cornice, oggi, al vertice che porterà a Charlevoix, in Quebec, i ministri degli Esteri del G7. Un’atmosfera pesante. Il tycoon non perde l’occasione per tornare ad attaccare la sovranità del vicino: «L’unica cosa sensata è che diventi il 51esimo Stato americano. La linea artificiale di separazione tracciata molti anni fa, finalmente, scomparirebbe». Come le tariffe.
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