Taybeh sotto attacco: la ferita del Natale cristiano in Terra Santa
di Luca Foschi
Nell'ultimo paese cristiano della Cisgiordania l'attacco dei coloni subito dopo la festa per l'accensione dell'albero e l'inaugurazione del presepe

Una stella di David, e poi la scritta, scarabocchiata con lo spray nero sul muro nell’urgenza della fuga: “Morte agli arabi”. I coloni israeliani hanno firmato così l’ennesimo attacco a Taybeh, l’ultimo villaggio interamente cristiano della Palestina. Era da poco passata la mezzanotte di giovedì quando la telecamera di una fattoria situata all’estremità meridionale del piccolo centro ha registrato il passaggio di due automobili. Sono scesi davanti a una delle ultime case, dove il villaggio dirada. Hanno dato fuoco a due macchine, lasciato la loro minaccia sul muro, poi sono tornati rapidamente a uno dei quattro avamposti nati negli ultimi mesi sulla sommità delle colline circostanti. Il proprietario delle vetture, pur resosi conto del raid, ha dovuto attendere che la banda ripartisse per intervenire. I “giovani delle colline” sono sempre armati, e qualsiasi reazione rischia di tradursi in tragedia. L’esercito israeliano, che al mattino ha attraversato come sempre il paese a ribadire l’occupazione, garantisce piena passività davanti ai ripetuti crimini dei connazionali. Così la polizia. Gli agenti palestinesi restano chiusi nella piccola caserma, impotenti, a pochi metri da dove la statua del Cristo annuncia l’inizio di Taybeh, l’antica Efraim, dove Gesù e i suoi discepoli trovarono protezione dai sommi sacerdoti, intenzionati a ucciderlo dopo la resurrezione di Lazzaro.
Il rapido sistema di messaggi nato per segnalare la presenza del pericolo ha richiamato la comunità, l’incendio è stato estinto. L’angoscia, come sempre, è rimasta. In luglio le bande del sionismo messianico che fanno indirettamente riferimento ai ministri Ben-Gvir e Smotrich hanno cercato di incendiare l’antico cimitero. Il clamore mediatico ha mussato la violenza in muta intimidazione, in provocazione, distribuite quotidianamente con il passaggio minaccioso delle automobili per le vie del villaggio. Poi, due settimane fa, il riemergere sfacciato e impunito della violenza: una macchina data alle fiamme, la stazione di benzina devastata e depredata, le vetrine dei negozi sfondate. Nessun monito sembra capace di trattenere la sistematica anarchia del terrore. «Sapevano dell’inizio delle festività, il momento scelto per l’ultimo attacco non è casuale», spiega ad Avvenire Sanad Sahelia, giornalista locale. La notte di giovedì gli abitanti erano tornati a casa, come raramente accade, accompagnati da un sentimento di festa. La preparazione al Natale ha portato nel campo sportivo la musica, il grande albero illuminato, il bazar con i prodotti a basso costo. Il colore, per i bambini, per gli anziani, per tutti. Una serata di libero movimento nel villaggio assediato, paralizzato dall’arbitrarietà dei check-point, strangolato nell’economia. Impossibile raggiungere i terreni e gli ulivi che danno l’olio più pregiato di Cisgiordania, impervio arrivare a Ramallah, distante solo pochi chilometri. Alla cerimonia di apertura del programma di festeggiamenti natalizi erano presenti sei delegazioni diplomatiche provenienti da Gerusalemme: «Non abbiate paura», ha rassicurato l’ambasciatore polacco Wieslaw Kucel, citando Papa Giovanni Paolo II. «Il nostro Natale è la storia della Terra Santa, una voce che chiede giustizia e pace, che difende la dignità umana», ha affermato padre Bashar Fawadleh, parroco della chiesa latina del Cristo Redentore.
Degli 8.000 abitanti che popolavano il villaggio nel 1967 sono rimasti poco più di 1.200. Chi può parte, per non tornare. La marea coloniale è rapidamente salita a nuovi livelli dopo il 7 ottobre 2023, e gli attacchi dei coloni hanno raggiunto fra ottobre e novembre 2025 numeri e virulenza mai registrati dal 2006, quando sfumava la seconda Intifada. Nelle ultime settimane sono state incendiate in Cisgiordania due moschee. A Gerico lo squadrismo si è esteso alla zona A, di competenza palestinese e tradizionalmente incolume, terrorizzando il villaggio di al-Duyuk e malmenando quattro pacifici attivisti internazionali, tre dei quali italiani. Ieri i coloni hanno attaccato i contadini palestinesi a Khirbet Yarza, picchiandoli e spezzando numerosi alberi di ulivi. Il villaggio si trova vicino alla città di Tubas, interessata la settimana scorsa da una vasta operazione dall’esercito israeliano per quattro giorni consecutivi. Ancora ieri, a Udala, nel governatorato di Nablus, l’Idf ha assaltato il centro del villaggio e le vicinanze della moschea di Oda. Un uomo è stato ucciso da un proiettile alla testa. Il Natale di Taybeh come il presente della Palestina. Quella scritta sul muro.
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