Sospetti e malumori: come il caso Epstein sta facendo tremare Trump
La lista del finanziere pedofilo, in cui potrebbe esserci stato il presidente, agita i repubblicani. Il 69% degli americani non gli crede. E ora esige trasparenza pure lo speaker della Camera

Il ciclone Jeffrey Epstein fa crescere la frustrazione del mondo Maga contro l’Amministrazione Trump (che domenica segnerà i primi sei mesi di ritorno al potere), catalizzando un malumore causato da decisioni di stampo economico e sociale. Lo scontento raggiunge anche il Congresso, dove a sorpresa lo speaker repubblicano della Camera, Mike Johnson, ha rotto con la linea del presidente e chiesto trasparenza: i file sull’ex finanziere pedofilo morto in circostanze sospette in carcere – ha detto – vanno «pubblicati in modo che siano gli americani a decidere». E in effetti gli americani esigono di saperne di più: secondo un sondaggio Reuters/Ipsos il 69 % degli intervistati è convinto che il governo federale sia nascondendo informazioni. Donald Trump finora ha negato ogni legame con Epstein, arrestato e condannato già nel 2008 per aver procurato delle ragazze minorenni a uomini potenti e facoltosi, usando i social per ha attaccare i suoi «sostenitori del passato» accusandoli di «credere» a una bufala creata dai democratici. Il tycoon ha anche ribadito il suo sostegno alla ministra della Giustizia Pam Bondi che dice “no” alla pubblicazione immediata di tutti gli atti del processo.
In realtà, poiché gli sforzi della Casa Bianca di calmare i malumori hanno fallito (nonostante il presidente abbia parlato con anchor tv e personalità Maga per mettere a tacere le polemiche) non è escluso che Bondi diventi il capro espiatorio della questione. Trump infatti ieri ha aperto alla possibilità di pubblicare una parte dei documenti che ritiene «credibili», contraddicendo la posizione del suo ministro. La polemica infatti continua a montare, cavalcata dai democratici e alimentata dall’improvviso licenziamento di Maurene Comey, la procuratrice federale che ha lavorato su Epstein che ha invitato i suoi colleghi a non lasciare che la paura del licenziamento, «strumento di un tiranno, brandito per sopprimere il pensiero indipendente», metta loro il bavaglio.
La ministra è riapparsa davanti alle telecamere dopo giorni passati in sordina e ha chiarito che non intende lasciare l’incarico. Ma non è bastato.
Pur ostentando sicurezza, infatti, la Casa Bianca inizia a essere preoccupata dalla crepa nella base. Molte delle teorie del complotto sull’ex finanziere sono infatti state cavalcate dalla squadra di Trump durante la campagna elettorale, e ora il mondo Maga le rilancia, esigendo chiarezza. A esortare trasparenza è stata persino la nuora del presidente Lara Trump, mentre in Congresso, oltre allo strappo dello speaker Johnson, il deputato Thomas Massie ha avviato manovre per far votare una misura che obblighi la pubblicazione di tutte le carte su Epstein. Sullo sfondo restano altri elementi di contrarietà dei fedelissimi nei confronti di Trump: l’accordo con la Nato per fornire armi all’Ucraina ha infatti fatto insorgere il mondo Maga, che vede nell’intesa un tradimento delle promesse elettorali. Quella in Ucraina «non è la nostra guerra e una escalation non è nell’interesse dell’America», è l’opinione che rimbalza dal podcast di Steve Bannon, l’ex controverso stratega della Casa Bianca e teorico del movimento. A criticare il presidente è anche la deputata repubblicana e trumpiana di ferro Marjorie Taylor Green, che non crede all’assicurazione del presidente che gli Stati Uniti si limiteranno a produrre le armi e a pagare saranno gli europei. A lasciare perplesso il movimento è stata anche la recente decisione della Casa Bianca di risparmiare dalle deportazioni gli immigrati del settore agricolo e degli hotel.
Le conclusioni del Dipartimento di Giustizia e del Fbi sul caso Epstein, secondo le quali l’ex finanziere non avrebbe mai avuto una lista scritta dei clienti che hanno utilizzato i servizi delle prostitute che forniva (clienti fra i quali, secondo le illazioni che circolano, rilanciate anche da Elon Musk, ci sarebbe il nome di Trump), e sarebbe morto suicida in carcere, hanno dunque fornito la scintilla a una situazione già tesa. Conclusioni alle quali il mondo Maga non crede.
Le conclusioni del Dipartimento di Giustizia e del Fbi sul caso Epstein, secondo le quali l’ex finanziere non avrebbe mai avuto una lista scritta dei clienti che hanno utilizzato i servizi delle prostitute che forniva (clienti fra i quali, secondo le illazioni che circolano, rilanciate anche da Elon Musk, ci sarebbe il nome di Trump), e sarebbe morto suicida in carcere, hanno dunque fornito la scintilla a una situazione già tesa. Conclusioni alle quali il mondo Maga non crede.
L’ira però per il momento resta soprattutto concentrata contro la ministra della Giustizia, contro la quale è schierato anche il numero due del Fbi Dan Bongino, che non ha escluso sue possibili dimissioni: una soluzione che il presidente e il suo staff starebbero considerando per far sparire, o almeno allontanare, la rivolta della loro base.
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