Quando la rabbia social diventa rete e fa tremare i governi del mondo

Dall'Asia all'Africa, dall'Europa alle Americhe: studenti e giovani organizzano proteste via social e sfidano le autorità. In Madagascar il presidente ha sciolto il governo
September 29, 2025
Quando la rabbia social diventa rete e fa tremare i governi del mondo
Reuters | Le proteste in Madagascar
È successo ancora, in Madagascar. Le proteste organizzate sui social dai giovani hanno avuto un effetto talmente dirompente da mettere spalle al muro il presidente Andry Rajoelina, che ieri ha dovuto sciogliere il governo. Da tre giorni, il Paese è scosso dalle proteste degli studenti per i tagli all'acqua e all'elettricità, contro cui è arrivata decisa e muscolare la risposta del governo: 22 morti tra i manifestanti, uccisi dalle forze dell'ordine. Il collettivo che guida le proteste si chiama Gen Z Madagascar, rivendicando l'appartenenza alla famigerata generazione Z.
Pigri, apatici, abulici: di aggettivi per connotare negativamente i nati tra il 1997 e il 2012 ne sono stati usati tanti in questi anni. Eppure, sono loro i registi di alcune delle proteste antigovernative più efficaci, in grado cioè di attuare trasformazioni: sociali nelle aspirazioni, già politiche nei fatti. Per questo mentre il mondo guarda ad Antananarivo come a Kathmandu appena venti giorni fa, giovani manifestanti scendono anche nelle strade di Marrakech e Lima. In tutte le piazze sventola la sempre meno enigmatica bandiera del celebre manga One Piece che, protesta dopo protesta, si va delineando come simbolo universale di resistenza.
«Non ci hanno visto arrivare», potrebbero ben dire, citando Lisa Levenstein, i ragazzi che oggi hanno tra i 13 e i 28 anni. In effetti, i movimenti giovanili in Nepal, ad esempio, hanno raggiunto la massima concretizzazione, passando dalla rivoluzione - il cui momento apicale è l'incendio del Parlamento - alla riorganizzazione - con la guida del governo affidata ad interim a Sushila Karki, proposta, in perfetto stile GenZ, dagli organizzatori delle proteste tramite una grossa chat su Discord -. Ma sono anni che i ragazzi di tutto il mondo sono passati dall'attivismo social ai cortei per strada sempre più numerosi.
Si pensi al movimento March for our lives, nato in Florida dopo la sparatoria nella scuola di Parkland, nel 2018. I sopravvissuti hanno organizzato scioperi scolastici e manifestazioni contro l'uso delle armi negli Stati Uniti. L'evento clou fu la manifestazione di Washington Dc dove si stimarono almeno 800mila persone presenti: una partecipazione così non si vedeva dalle piazze contro la guerra in Vietnam.
Anche in Iran, la protesta Donna Vita Libertà è partita da loro, i giovani, per l'uccisione di una di loro, Mahsa Amini, appena 22enne, picchiata a morte dalla Polizia morale. Dalle province del Kurdistan a Teheran, le manifestazioni coinvolsero tutto il Paese: il Guardian scrisse allora (era il 2022) che furono «diffuse tra classi sociali, università, strade e scuole». Mese dopo mese, il perimetro della protesta si ampliava insieme al suo volume, che cresceva e si faceva più forte. A rendere possibile questa espansione furono soprattutto i social che consentivano di organizzare flash mob sempre più creativi e di impatto. E soprattutto sempre più frequenti.
Uno studio del 2024, su un campione di 1.000 ragazzi americani appartenenti alla generazione Z, ha mostrato che quasi un terzo di loro (32%) è impegnato in attivismo (rispetto al 24% dei Millennial). Più della metà (il 51%) ha inoltre affermato di aver partecipato a proteste a sostegno di cause specifiche o problemi strutturali. Il sondaggio rivela che i giovani sono pronti a battersi per cause legate alla giustizia climatica e sociale e all'equità razziale. Le loro principali preoccupazioni sono però di natura economica: il costo della casa, dell'assicurazione sanitaria, l'inflazione e, in generale, il costo della vita.
È per questo che nei Paesi in crisi, dove la corruzione dilaga e le opportunità scarseggiano, questi movimenti non si limitano a contestare lo status quo ma spingono per cambiamenti sistemici. Prima del Nepal c'era stato lo Sri Lanka dove, nel 2022 i giovani manifestarono per chiedere una risposta alla crisi economica, segnata da inflazione e disoccupazione. Ma il movimento, diffondendosi, acquisiva vigore e portò alle dimissioni del presidente. Similmente in Bangladesh nel 2023, gli studenti scesero in piazza contro la corruzione e la mancanza di posti di lavoro. Ma le proteste, segnate anche dall'uccisione di alcuni manifestanti, si estesero a tal punto da evolversi in un radicale rifiuto dell'autoritarismo del governo. In Kenya, la protesta contro la brutalità della polizia seguita all’uccisione del blogger e insegnante Albert Ojwang, si è trasformata nella richiesta di riforme democratiche e di soluzioni per fronteggiare l'inflazione.
Anche in Europa, la GenZ è stata protagonista vittoriosa di alcuni cambiamenti importanti. Ad esempio in Serbia, dove il crollo della pensilina nella stazione di Novi Sad ha fornito il pretesto per manifestare contro la corruzione del governo del presidente nazionalista Aleksandar Vučić. «Per non alimentare ulteriormente la tensione», il primo ministro serbo Miloš Vučević, braccio destro di Vučić, ha dato le dimissioni a fine gennaio.
​Non sorprende quindi che ad Antananarivo, in Madagascar, viga ancora il coprifuoco per le proteste che non si fermano. E non cessano nemmeno in Marocco, dove i 200 arresti dei giorni scorsi non hanno potuto fermare il collettivo chiamato GenZ212, che organizza i manifestanti. I motivi della contestazione sono la disoccupazione e la corruzione diffusa nel governo di centrodestra del premier Akhannouch. La monarchia, che invece non viene messa in discussione, invita però a organizzarsi per risolvere il problema più profondo del Marocco: la disuguaglianza sociale.
L'insofferenza dei giovani nei confronti di un futuro senza certezze investe anche l'America Latina. In Perù una riforma delle pensioni che obbliga i giovani maggiorenni ad aderire a un fondo pensione ha portato a scontri e tensioni nella capitale: ieri notte la quarta in una decina di giorni, con un bilancio di oltre 20 feriti.
Come è possibile un'organizzazione così rapida di movimenti che spesso diventano anche molto potenti? Grazie ai social media. La GenZ li usa per trasformare l’indignazione spontanea in proteste organizzate nell’arco di poche ore. Quanti raduni sono sorti dall'oggi al domani e persino dal pomeriggio alla sera, in questi anni, anche qui in Italia? Dai cortei per la Palestina ai presidi per le vittime di femminicidio: di fronte a eventi o situazioni che appaiono insopportabili e ingiuste, l'attivismo digitale consente di dare una risposta immediata. E, in certi casi, anche efficace.​

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