Qual è la posizione della Ue sui beni russi e perché ora Putin "trema"

di Marco Iasevoli, inviato a Bruxelles
Il colpo Usa all’export di petrolio ha spinto il Cremlino a inviare un emissario a Washington. Londra: «È il momento della massima pressione»
October 24, 2025
Qual è la posizione della Ue sui beni russi e perché ora Putin "trema"
Consiglio europeo, Bruxelles, 23 ottobre 2025 ANSA/ Filippo Attili ufficio stampa Palazzo Chigi
Sarà pur vero che Mosca ufficialmente non teme conseguenze per le sanzioni Usa, ma le mosse successive mostrano il contrario. All’indomani dell'annuncio del presidente Usa Donald Trump di una scure sulle principali aziende petrolifere russe, tale da colpire l'80% dell'export, Putin ha mandato a Washington il suo principale inviato economico, Kirill Dmitriev, che terrà colloqui “ufficiali” con le controparti statunitense.
Il viaggio di Dmitriev arriva dopo ore pesanti per Mosca. Giovedì alle sanzioni Usa si sono aggiunte quelle dell'Ue sul gas liquido. La Cina timorosa per l'ira di Trump ha sospeso gli acquisti di greggio moscovita via mare. E Bruxelles, nonostante rinvii e grossi dubbi, ha comunicato che a dicembre una decisione sugli asset russi congelati sarà presa. Vero è che l'Ue ha dovuto rinviare, ma è altrettanto vero che si è deciso di decidere, perché quei 140 miliardi di euro, in gran parte di stanza in Belgio, possono finanziare la resistenza di Kiev a lungo termine. Sbloccare i fondi in ghiacciaia è l'unico piano in campo. La paura di danni reputazionali, arbitrati internazionali e ritorsioni russe su capitali occidentali è concreta. Ma come dimostra la “corsa” di Dmitriev a Washington, Mosca sta percependo e percepisce i rischi di un accerchiamento economico.
Tutti i Paesi Ue, Italia compresa, sono solidali con le resistenze del Belgio, esposto ai rischi maggiori. Il premier De Wever ha posto ai colleghi tre condizioni: mutualizzazione dei rischi giuridici, mutualizzazione dei rischi economici e coinvolgimento di altri Paesi che hanno in cassa asset di Mosca. Ancora oggi De Wever avvertiva: il suo Paese, dice, potrebbe essere “sepolto” dalle cause. Tocca alla Commissione Europea trovare un’architettura che concretizzi il progetto, magari con l’auspicio che da qui a dicembre non si renda necessario l’uso di questa misura estrema.
Oggi il cancelliere britannico Starmer, ha risposto almeno a una delle preoccupazioni del Belgio, affermando che la Gran Bretagna, sugli asset, è disposta a lavorare con l'Ue. Beni russi, è noto, sono congelati anche a Londra.
Starmer ha teso la mano durante i lavori della Coalizione dei volenterosi, cui Meloni (ma anche Macron) ha partecipato da remoto. Aprendo il vertice, Starmer ha dato la lettura della fase in cui si trova il conflitto in Ucraina. «È il momento della massima pressione, perché è l’unico modo per far cambiare idea a Putin, portarlo al tavolo e fermare le uccisioni», spiega Starmer, concordando dunque con chi ritiene che la mano dura di Trump possa cambiare i piani di Putin più delle accondiscendenze agostane di Anchorage. «Tutti concordiamo – ha detto Starmer – sul fatto che i combattimenti devono cessare e che i negoziati devono partire dalla linea di contatto attuale». Tra le priorità dei prossimi due mesi, Starmer ha indicato la rimozione del petrolio e del gas russi dal mercato globale, lo sblocco dei beni sovrani di Mosca per finanziare la difesa ucraina, il rafforzamento della difesa aerea e delle infrastrutture energetiche di Kiev e il mantenimento della pressione militare attraverso capacità a lungo raggio. Macron concorda: le sanzioni Usa, spiega il presidente francese, «rappresentano una svolta» e «dovrebbero avere un impatto evidente sul finanziamento della guerra da parte della Russia». Anche il segretario della Nato, Rutte, vede Putin disorientato dall’improvviso accerchiamento. Si espone meno la premier italiana Giorgia Meloni, limitandosi a ribadire «l’importanza dell’unità tra le due sponde dell’Atlantico nel perseguire un cessate il fuoco da cui venga avviato un credibile percorso negoziale che prenda le mosse dall’attuale linea di contatto».
A Londra oggi era in presenza Zelensky. Il leader ucraino insiste nella richiesta di armi a lungo raggio. «Anche l’Europa ne ha», ha detto giovedì al vertice di Bruxelles. E in ogni caso i Paesi Ue possono dare corpo all'iniziativa Purl, l'acquisto via Nato di pacchetti americani di armi da 500 milioni di euro. Anche la Spagna di Pedro Sánchez ha aderito. Non solo: gli iberici hanno anticipato al 2026 il 2% di Pil in difesa. Movimenti che mettono in difficoltà Meloni e il governo, che non hanno ancora dato il via libera a una spesa (si ipotizza di 120 milioni) per un pacchetto Purl. Ci sarebbero significativi problemi politici interni. Ma sarà difficile resistere al pressing. Per Zelensky «Putin vuole un disastro umanitario in inverno». Ma probabilmente saranno contatti diretti Roma-Washington a sciogliere il nodo. E sebbene ci saranno fibrillazioni in maggioranza, saranno simmetriche a quelle che si respirano tra Pd e M5s quando si parla di Ucraina.

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