«Putin vuole un accordo». La scommessa di Trump alla vigilia

L'ipotesi di una garanzia di sicurezza americana per Kiev, nel caso la Russia dovesse accettare il cessate il fuoco, è la contropartita pronta per Zelensky. I temi in agenda nel vertice in Alaska
August 13, 2025
«Putin vuole un accordo». La scommessa di Trump alla vigilia
Reuters | Murales e slogan critici con l'America all'esterno della base di Anchorage, in Alaska, il luogo in cui si svolgerà il faccia a faccia tra Trump e Putin
Dopo 1.267 giorni di conflitto e più di un milione di morti, la guerra tra Mosca e Kiev è arrivata a una svolta. Alle 21.30 (ora italiana) Vladimir Putin, il mandante dell’operazione speciale in Ucraina, incontrerà Donald Trump in Alaska per negoziare i dettagli di un accordo, da far digerire all’Ucraina di Volodymyr Zelensky, in cui è rimessa la speranza di veder tornare la pace in Europa.
I toni delle dichiarazioni rilasciate alla vigilia lasciano intendere che i due leader siano pronti a volare pagina. «Putin vuole l’intesa» ha tuonato il tycoon prima di partire, pur ammettendo che «c’è una probabilità del 25 per cento che questa impresa possa fallire». Lo zar, da parte sua, si è slanciato in un inconsueto elogio degli «sforzi piuttosto energici e sinceri» fatti dagli Stati Uniti per fermare le ostilità. Parlando in televisione, ha aggiunto:«Ciò sta avvenendo al fine di creare le condizioni a lungo termine per la pace tra i nostri Paesi, in Europa e nel mondo intero se, nelle fasi successive, raggiungeremo accordi nell’area del controllo sulle armi strategiche».
Tra le righe di queste parole gli addetti ai lavori intravedono un’anticipazione: al tavolo del vertice di Anchorage, in Alaska, Trump e Putin affronteranno, certo, la crisi ucraina ma anche altre questioni delicate come il controllo degli armamenti nucleari considerato che il prossimo 5 febbraio scadrà il trattato “New Start” che fissa a 1.550 il numero massimo di testate dispiegate per ciascun Stato. Prima di tutto, però, l’Ucraina. I chiarimenti che il mondo si aspetta riguardano ogni aspetto dell’agognata pace: dalla questione territoriale alla fine degli attacchi (gli ultimi, reciproci, ieri notte).
Al vertice in remoto di mercoledì, il presidente Usa avrebbe chiarito ai leader europei e ucraini che, se Putin accetterà il cessate il fuoco, gli Stati Uniti sono disposti a fornire garanzie di sicurezza all’Ucraina per scoraggiare future aggressioni russe. Ma a condizione che l’iniziativa sia assegnata agli Usa e non alla Nato. L’idea di fare di Kiev un “porcospino d’acciaio”, questa è l’immagine spesso dalla presidente Ursula von der Leyen, indigesto a chiunque lo voglia assalire, è una soluzione a cui guarda con favore anche l’Ue. La vice portavoce della Commissione Europea, Arianna Podestà, ieri ha spiegato: «Non importa esattamente come siamo arrivati a questo punto. L’importante è che gli Usa abbiano dichiarato di essere disposti a farlo». La protezione americana è l’unica cosa, così argomentano gli analisti, che potrebbe aiutare Zelensky ad accettare, seppure dolorosamente, eventuali concessioni territoriali a favore di Mosca. L’ultima richiesta, in cambio dello stop alle armi, è l’intera provincia di Donetsk, circa 9.000 chilometri quadrati, insieme ai centri di Kramatorsk e Sloviansk. Kiev, per ora, ha sempre risposto picche. The Donald, ieri, ha chiarito che l’obiettivo principale del faccia a faccia con Putin è organizzare un secondo incontro allargato proprio a Zelensky. Il Washington Post ha ventilato l’idea che il presidente ucraino possa essere convocato proprio alla base militare di Elmendorf-Richardsonin, in Alaska, che tra imponenti misure di sicurezza farà da cornice al summit. L’incontro a due, tra Putin e Trump, alla presenza solo degli interpreti, verrà seguito da un colloquio allargato alle delegazioni nella formula del “5 a 5” ovvero cinque persone per parte.
Al termine, una conferenza stampa congiunta («forse», ha precisato la Casa Bianca) ma nessun documento ufficiale. Zelensky ha trascorso la mattina della vigilia a Downing Street, a Londra, ospite del premier britannico Keir Starmer a cui è andato a chiedere ulteriori rassicurazioni sulla sicurezza del Paese. Il suo cruccio è: chi garantirà, in Europa, per il garante (Usa) dell’Ucraina? Il comunicato diffuso al termine della «colazione privata» è nel segno della «pace giusta e duratura» e di un cauto ottimismo: «C’è una concreta chance di progresso verso la fine delle ostilità», ha riferito una nota, a patto che «Putin agisca in modo serio».
L’arcivescovo Alexei Trader, che guida la Chiesa di Sitka e Alaska della Chiesa ortodossa in America, ha organizzato un triduo di preghiera per il successo del vertice di Ferragosto su cui sono puntati gli occhi di tutto il mondo, non solo degli ucraini. Il consigliere diplomatico di Putin, Yuri Ushakov, ha detto con chiarezza che le due parti discuteranno anche del «grande potenziale non sfruttato» delle reciproche relazioni commerciali. È chiaro che il Cremlino, che ad Anchoral manda anche il ministro delle Finanze, Anton Siluanov, la mente che ha supervisionato la risposta della Russia alle sanzioni, voglia negoziare con Trump dettagli necessari a ridare respiro all’economia strozzata dalla guerra. Partita che non interessa solo la Russia ma tutti i suoi “alleati” (in primis, Cina e India). Tra questi c’è il premier ungherese Viktor Orbán che già grida: «La Russia ha vinto la guerra». EPutin, questo è più evidente, ha riguadagnato la ribalta mondiale.
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