Per l'Onu a Gaza la fame viene usata da Israele come arma
di Redazione
L’ira di Netanyahu: «Sono soltanto menzogne»Le Nazioni Unite: «Per il bene dell’umanità fateci entrare». Le operazioni militari sul terreno vanno avanti, come i raid aerei: altre 50 vi

Cadono lenti i volantini di evacuazione su Gaza city, planano sulla guerra e la carestia, ordinano ai profughi del campo di Jabalia di spostarsi a sud, verso altra distruzione, altra miseria. L’operazione “Gideon’s chariot 2”, voluta dal governo Netanyahu per smantellare l’ultima roccaforte di Hamas e che precede l’attacco finale fissato per metà settembre, è al suo terzo giorno. Due brigate corazzate di fanteria, la Givati a nord e la Nahal a sud, stringono la morsa dell’assedio, attendono l’ordine di attacco nelle stesse ore in cui l’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), l’agenzia dell’Onu per la sicurezza alimentare, ha pubblicato un rapporto secondo cui oltre mezzo milione di persone nella regione di Gaza city si trovano in una condizione di carestia. È la prima volta nella storia che del Medio Oriente moderno.
«Presto a Gaza le porte dell’inferno si apriranno per gli assassini di Hamas. Se non accetteranno le condizioni israeliane per porre fine alla guerra, il rilascio di tutti gli ostaggi e il disarmo, Gaza city diventerà come Rafah e Beit Hanoun», ha tuonato ieri il ministro della Difesa Katz, promettendo altri deserti lunari. Sono 56 le persone uccise ieri nella Striscia, 36 a Gaza city dai bombardamenti che i caccia hanno effettuato sulla cornice strategica. Dodici pensavano di essere al sicuro in una scuola del quartiere di Sheikh Radwan, adiacente al campo di Jabalia. Un missile ha devastato il rifugio. Altro strumento di vittoria sul movimento islamista è la fame per l’intera popolazione: «Per il bene dell’umanità, fateci entrare nella Striscia – ha supplicato Tom Fletcher, responsabile umanitario dell’Onu –. È tardi per troppi, ma non per tutti a Gaza, facciamo entrare cibo e altri beni senza impedimenti», ha continuato il diplomatico britannico, riferendosi al drammatico quadro offerto dall’analisi dell’Ipc. Entro la fine di settembre, ipotizza l’istituto, 640.000 persone nella Striscia affronteranno livelli letali di indigenza, 1,14 milioni di persone sprofonderanno nell’emergenza, mentre i più fortunati, circa 400.000, affronteranno una crisi severa.
Poco più di un mese e due milioni di esseri umani ischeletriti e affamati si aggireranno fra le tendopoli e le macerie di Gaza. Il rapporto dell’Ipc squadra la catastrofe alimentare da ogni lato: 41.000 sono oggi i bambini ad alto rischio di morte, 55.000 le donne incinte e in allattamento gravemente malnutrite. Fao, Unicef, World food programme e Oms hanno ribadito con insistenza la richiesta per un cessate il fuoco immediato e l’intervento umanitario senza limitazioni. Nel comunicato diffuso ieri le agenzie hanno rimarcato che «la classificazione di una carestia viene attivata quando sono superate tre soglie critiche: estrema privazione alimentare, malnutrizione acuta e decessi per fame. L’ultima analisi conferma che questi criteri sono stati soddisfatti». «Proprio quando sembra che non esitano più parole, un altro termine è stato aggiunto all’inferno di Gaza: carestia», ha scritto su X il segretario generale dell’Onu, António Guterres. «Una palese menzogna, Israele ha una politica per prevenire la carestia, non per provocarla. La campagna orchestrata da Hamas non ci impedirà di liberare gli ostaggi ed eliminare i terroristi», ha fatto saper il premier Netanyahu tramite una nota del suo ufficio. Il nodo della critica mossa da Tel Aviv riguarda la decisione dell’Ipc di abbassare dal 30 al 15% la soglia della popolazione malnutrita per dichiarare lo stato di carestia.
L’istituto ha replicato spiegando come la soglia appartenga a una metodologia consolidata, che prevede la misurazione della circonferenza del braccio nei bambini sotto i cinque anni quando non è possibile constatare con precisione peso e altezza. Grande è la preoccupazione per Gaza city assediata e le aree del nord, cuore dell’indigenza. La macchia della carestia potrebbe estendersi rapidamente a Deir el-Balah, nel centro della Striscia, e a Khan Yunis, a sud, proprio dove secondo il piano “Gideon’s chariot 2” la massa dei profughi, che include anche persone anziane, bambini, malati e disabili, dovrebbe dirigersi per trovare condizioni di sicurezza alimentare e medica notevolmente migliorate, ha garantito nei giorni scorsi Tel Aviv. Volker Türk, capo delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha ammonito Israele ricordando che «le morti per malnutrizione posso costituire un crimine di guerra di omicidio volontario». «Il rifiuto di Israele di consentire l’ingresso degli aiuti ha causato la catastrofe della carestia, un oltraggio morale. Abbiamo disperatamente bisogno di un cessate il fuoco, e di fermare le operazioni militari a Gaza city, epicentro della carestia», ha commentato in serata il ministro degli Esteri britannico David Lammy.
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