mercoledì 18 marzo 2020
Approvazione definitiva per la legge che porta la pratica, entro le 20 settimane, fuori dal quadro del Crimes Act. Contrari i vescovi: «I bimbi perdono ogni diritto ancor prima di nascere»
La sede del Parlamento neozelandese a Wellington

La sede del Parlamento neozelandese a Wellington

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La Nuova Zelanda depenalizza l’aborto. Su iniziativa del governo di Jacinda Ardern, il parlamento neozelandese ha approvato una legge che consente alle donne di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza entro le prime 20 settimane di gestazione. Il provvedimento, passato con 68 voti favorevoli e 51 contrari al Parlamento di Wellington, manda in soffitta una legge del 1977 che per più di 40 anni ha circoscritto l’aborto a casi incompatibili con la tutela della salute fisica e mentale della madre, previa valutazione di due medici.
Il governo celebra l’approvazione della legge come una grande vittoria essendo riuscito, nell’ultima fase del percorso parlamentare, a evitare che il nuovo provvedimento venisse sottoposto a consultazione popolare per mezzo di un referendum.
“Per oltre 42 anni, l’aborto è stato in Nuova Zelanda l’unica procedura medica considerata un crimine, ma d’ora in poi sarà giustamente trattato come mera questione di salute”, ha commentato il ministro della giustizia Andrew Little. L’interruzione volontaria della gravidanza non sarà più contemplata tra i reati previsti dal codice penale. “Ciò – aggiunge il ministro – consentirà alle donne di ricorrere all’aborto per vie più veloci e sicure”.

Il no dei vescovi

Contraria, naturalmente, la Chiesa cattolica: in una nota riportata sul sito web della Conferenza episcopale locale due mese fa, al culmine del dibattito politici, si esprimeva forte preoccupazione per il fatto che i bambini non ancora nati perdano i loro diritti. “Ogni minore non ancora nato – affermavano i presuli attraverso Cynthia Piper, membro della Commissione per la Giustizia sociale della diocesi di Hamilton – ha diritto ad un posto nella famiglia umana, insieme a tutti gli altri diritti che ne derivano”. ”Nel grembo materno infatti – continuava Piper - il bambino ha già la sua identità genetica e la legge deve riflettere questa realtà”. È “totalmente inaccettabile, dunque”, che la normativa proposta sull’aborto “non ponga più alcun obbligo legale a considerare i diritti dei nascituri”.
Il tasso di aborti in Nuova Zelanda nel 2018 è stato di 13,5 casi ogni 1.000 donne di età compresa tra i 15 e i 44 anni, lo stesso registrato negli Usa ma quasi doppio rispetto a paesi come Germania (7,1) e Italia (6,2).










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