sabato 21 gennaio 2023
Viaggio a Yulivka, agglomerato intorno a Zaporizhzhia attaccato dai russi. La denuncia degli abitanti: lanciano bombe a grappolo. La vita di anziani, disabili e famiglie numerose
Un’anziana alla ricerca di cibo nel villaggio di Yulivka attaccato dai russi lungo la linea del fronte a Zaporizhzhia

Un’anziana alla ricerca di cibo nel villaggio di Yulivka attaccato dai russi lungo la linea del fronte a Zaporizhzhia - Gambassi

COMMENTA E CONDIVIDI

Nel silenzio della campagna intorno a Zaporizhzhia i colpi di artiglieria si susseguono come fossero i rintocchi di un campanile che suona ogni quarto d’ora. «Ma oggi la situazione è tutto sommato tranquilla», sorride Mikola Terecenko sotto i baffi che, assieme al colbacco nero, lo fanno somigliare più a un sovietico che a un ucraino. Si è fatto tre chilometri a piedi, accompagnato dai rumori della battaglia. «Non dovrei venire qui, ma nell’altro paese. Però i russi hanno bombardato il ponte e questa è la sola strada rimasta che mi permette di trovare qualcosa per sopravvivere».

È il giorno degli aiuti nel villaggio di Yulivka. Duecentoventi case. E trecentottanta abitanti distribuiti in due agglomerati. Erano più del doppio prima della guerra. Ora quelli rimasti sono a dieci chilometri dal fronte. «Vede quell’altura all’orizzonte? È già territorio controllato dai russi», spiega Mikola indicando il fondo della via in terra battuta da cui lui è arrivato. È il confine fra l’Ucraina libera e quella occupata, che racconta il presente della regione di Zaporizhzhia: l’80% è in mano alle truppe di Mosca; ciò che resta viene attaccato senza sosta dal nemico con tutto quanto è possibile lanciare al di là della frontiera militare. E non soltanto sul capoluogo che dà il nome all’oblast, ma soprattutto sui villaggi intorno alla linea di demarcazione che è essenzialmente una linea del fuoco.

Le cisterne di acqua nel villaggio di Yulivka dove manca l'acqua potabile

Le cisterne di acqua nel villaggio di Yulivka dove manca l'acqua potabile - Gambassi

L’appuntamento per avere qualche pacco di pasta, i fagioli in scatola, un po’ di patate e un flacone di detersivo è nel centro culturale. «L’hanno colpito già tre volte. E per tre volte abbiamo rifatto il tetto», racconta l’energica responsabile, Larissa Ivanivna Bekova. Sventrata anche la scuola. E distrutte almeno trenta case. Il termometro segna cinque gradi sotto zero, ma il vento gelido amplifica il freddo. «Grazie al cielo è tornata l’elettricità. Però non abbiamo l’acqua potabile», spiega Larissa. E mostra due cisterne sistemate nell’atrio del centro. «È il nostro acquedotto». “Massimo due litri al giorno”, si legge nei cartelli che impongono di razionalizzare il consumo a chi si presenta con bottiglie o pentole. «Quando l’acqua finisce, telefoniamo a Zaporizhzhia che è a 30 chilometri e vengono a riempircele».

La religiosa basiliana suor Lucia, Mikailovik Radkenko e Larissa Ivanivna Bekova nel villaggio di Yulivka lungo la linea del fronte intorno a Zaporizhzhia

La religiosa basiliana suor Lucia, Mikailovik Radkenko e Larissa Ivanivna Bekova nel villaggio di Yulivka lungo la linea del fronte intorno a Zaporizhzhia - Gambassi

Non c’è gas. «Ma le autorità pubbliche ci portano la legna per riscaldarci», continua Larissa. E anche nell’edificio di riferimento del paese una stufa piazzata in qualche modo, con la canna fumaria che scompare oltre la finestra, accoglie chi entra. Gli alimenti arrivano due volte alla settimana attraverso i carichi umanitari che «abbiamo ottenuto grazie all’intervento dei cappellani militari», sottolinea la donna. E avverte: «I risparmi delle famiglie sono già esauriti e nessuno può lavorare». In campo anche le religiose greco-cattoliche di San Basilio con il loro monastero di Zaporizhzhia trasformato in hub della solidarietà. «Ci facciamo prossimi a quanti il Signore ci fa incontrare – afferma suor Lucia –: all’inizio dell’invasione erano i disabili e le madri con i figli piccoli; ora sono coloro che vivono negli insediamenti presi di mira dai russi».

E' diventato un hub della solidarietà il centro culturale nel villaggio di Yulivka lungo la linea del fronte intorno a Zaporizhzhia

E' diventato un hub della solidarietà il centro culturale nel villaggio di Yulivka lungo la linea del fronte intorno a Zaporizhzhia - Gambassi

Un posto di blocco limita gli ingressi a un’area considerata ad alto rischio. I pochi volti stranieri sono quelli dei soldati diretti alle trincee. E allora viene da chiedersi come si possa restare in un villaggio-bersaglio dell’esercito di Mosca. «E dove altro possiamo andare? Qui abbiamo tutta la nostra vita», sospira Ivan Mikailovik Radkenko mentre si mette in fila per registrarsi e ottenere il suo pacco di viveri. Ha la barba lunga e bianca, gli stivali da contadino e il cappuccio della giacca ben allacciato. Quando dice che qui ha tutto è perché lui è un agricoltore «con tanto di mucche e pecore», tiene a far sapere. E racconta dei figli che sono fuggiti a Zaporizhzhia. «Ma che cosa potrei fare io in città? Con mia moglie siamo costretti a stare qui, non abbiamo alternative».

Gli anziani si registrano per ricevere gli aiuti umanitari nel villaggio di Yulivka lungo la linea del fronte intorno a Zaporizhzhia

Gli anziani si registrano per ricevere gli aiuti umanitari nel villaggio di Yulivka lungo la linea del fronte intorno a Zaporizhzhia - Gambassi

Non è una scelta rimanere a Yulivka. È un’imposizione del destino. Lo sa bene Larissa. «Da quattro anni mia madre è paralizzata. La assisto insieme a mia figlia che a sua volta ha tre figli». Tutti ancora nel villaggio. «A maggio ci hanno obbligati a evacuare – prosegue la donna –. C’è chi è emigrato in Polonia o in Bulgaria. Io non ne avevo la possibilità: dovevo e devo restare a fianco della mamma». E come lei gran parte degli anziani ma anche sei famiglie numerose con i loro bambini. «L’intero villaggio si fa in quattro per i più fragili», aggiunge. Ma può anche denunciare gli infiltrati. Com’è accaduto a Omelinyk, altro abitato a ridosso del fronte, dove un gruppo di donne ha fatto arrestare il prete ortodosso del patriarcato di Mosca dopo aver scoperto che passava ai russi le informazioni sulle postazioni dei militari ucraini.

Il monumento al 'soldato russo liberatore' nel villaggio di Yulivka lungo la linea del fronte intorno a Zaporizhzhia

Il monumento al "soldato russo liberatore" nel villaggio di Yulivka lungo la linea del fronte intorno a Zaporizhzhia - Gambassi

La solidarietà al tempo della guerra è anche una forza per resistere al terrore che viene dal cielo. «Più che l’artiglieria ci spaventano le bombe a grappolo», dice Ivan. Almeno così le chiamano nell’agglomerato. Armi vietate dalle convenzioni internazionali. «Abbiamo visto razzi che hanno distrutto non per l’esplosione ma per ciò che schizzavano fuori», spiega Larissa. Poi apre la porta del teatro e appare una platea piena di abiti: cappotti, pantaloni, camice imbottite che servono per affrontare l’inverno. «Non temiamo gli attacchi di giorno – confida Mikola –. Quando c’è luce, possiamo vedere l’ordigno e magari capire dove potrebbe finire: così riusciamo anche a metterci al riparo. Invece di notte è impossibile e non siamo in grado di reagire». Quando esce dal centro culturale, il giardinetto pubblico che incontra è quello in cui domina la statua del "soldato russo liberatore": è il memoriale della seconda guerra mondiale. Ma una mano anonima ha dipinto la recinzione con i colori della bandiera ucraina. Quasi a voler neutralizzare quel militare che oggi è soltanto sinonimo di oppressione e devastazione.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: