venerdì 2 dicembre 2022
Il movimento per la nonviolenza ucraino resta nel mirino. La legge marziale obbliga all'arruolamento ma i rifiuti crescono ugualmente. L'ultimo condannato, Alekseienko: «Non mi pento»
Cresce in Ucraina il numero di ragazzi e uomini che rifiutano di arruolarsi nell'esercito. Ma Kiev non riconosce il diritto all'obiezione di coscienza

Cresce in Ucraina il numero di ragazzi e uomini che rifiutano di arruolarsi nell'esercito. Ma Kiev non riconosce il diritto all'obiezione di coscienza - Ansa

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Non sono soltanto i russi a finire in carcere per essersi rifiutati di imbracciare le armi. In Ucraina l’ultima condanna a carico di un obiettore di coscienza risale a due mesi fa. Il tribunale di Ivano-Frankivsk ha riconosciuto Vitaliy Vasyliovych Alekseienko colpevole in base all’articolo 336 del codice penale ucraino che regola la coscrizione militare e l’ha condannato a un anno di reclusione. Alekseyenko, 52 anni, è un cristiano evangelico che da giovane aveva svolto il servizio alternativo alla leva. Nel corso del processo ha spiegato che sono le sue convinzioni religiose a non consentirgli in alcun modo di arruolarsi.

«Sono pronto a essere punito secondo la legge – ha detto ai giudici – ma non mi pento di aver rifiutato il servizio militare, perché ho agito seguendo la mia coscienza».

Sul suo caso è in corso da settimane una campagna di mobilitazione internazionale lanciata dal Movimento pacifista ucraino. Poco prima dell’estate, una sorte persino peggiore era toccata ad altri obiettori: Andrii Kucher è stato condannato a quattro anni di carcere dal tribunale di Mukachevo mentre Dmytro Mykolayovych Kucherov si è visto comminare una condanna a tre anni dal tribunale di Oleksandria. Entrambi si erano rifiutati di imbracciare le armi per andare a combattere i russi.

Ma il caso senz’altro più noto è quello di Ruslan Kotsaba, il giornalista e obiettore di coscienza accusato di alto tradimento per un video del 2015 in cui invitava a boicottare gli arruolamenti nell’esercito dopo essere stato testimone della guerra in Donbass.

All’epoca scontò quasi due anni di carcere, ma dopo il rilascio venne incriminato di nuovo e un anno fa ha subito una brutale aggressione da parte di alcuni estremisti di destra. Rischia una condanna a quindici anni di galera ma nell’ottobre scorso è riuscito a trovare asilo fuori dal Paese.

Adesso più che mai, in Ucraina, gli obiettori di coscienza e i sostenitori della nonviolenza che vorrebbero svolgere un servizio civile alternativo sono considerati dei criminali da punire con pene esemplari. Secondo le stime del Movimento pacifista ucraino, dall’inizio del 2022 sono già 971 gli uomini e i ragazzi incriminati per aver scelto di non arruolarsi, e da ottobre a oggi è stata registrata una netta accelerazione dei casi.

In totale circa cinquemila persone si sono dichiarate obiettori di coscienza e si rifiutano di imbracciare le armi, nonostante la legge marziale. «Il diritto all’obiezione è riconosciuto a livello internazionale – spiega il portavoce dei pacifisti ucraini Yurii Sheliazhenko – ma purtroppo nel mio Paese veniva negato di fatto anche in tempo di pace, poiché era garantito soltanto a un richiedente su dieci. Adesso, invece, è punito con il carcere da tre a cinque anni».

Il Movimento pacifista ucraino ha chiesto ufficialmente al governo di Kiev di riconoscere il diritto degli obiettori di astenersi dai combattimenti ma il ministero della Difesa ha ribadito che la legge sulla mobilitazione non prevede alcun servizio alternativo a quello militare.

L’Ufficio europeo per l’obiezione di coscienza e l’Ifor – un’associazione internazionale nonviolenta di ispirazione ecumenica – hanno presentato un appello congiunto all’Ue affinché tuteli il diritto all’obiezione in Ucraina, in Russia e in Bielorussia e garantisca asilo politico e protezione a chi si rifiuta di combattere.

L’impegno per la difesa degli obiettori continua a unire russi e ucraini in un percorso comune che ha anche il sostegno degli attivisti italiani. L’Ong “Un Ponte Per” ha appena lanciato una raccolta fondi per sostenere le spese legali degli obiettori sotto processo.

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