sabato 19 agosto 2023
Il regime di Assad è ormai incapace a contenere le proteste dopo dodici anni di guerra. Il 90% della gente è in povertà. I negozi chiudono, l’inflazione avanza e mancano persino i medicinali
Blocchi stradali a Sweida in Siria per protestare contro l’aumento dei prezzi

Blocchi stradali a Sweida in Siria per protestare contro l’aumento dei prezzi - Reuters

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La Siria è in ginoccio per la guerra e per la fame. Per contrastare la propaganda messa in piedi dal regime, che invita influencer da tutto il mondo a visitare la terra dei gelsomini per rilanciare il turismo, anche l’attivista siro-caucasica Celine Kasem è volata in Siria per mostrare la situazione nelle zone colpite dalle conseguenze della guerra, giunta al dodicesimo anno. Città e villaggi rasi al suolo, bambini privati delle scuole, situazione medico-sanitaria al collasso, tendopoli per sfollati interni a vista d’occhio. Alcune zone della terra levantina, risparmiate dai bombardamenti, hanno ripreso formalmente a vivere, con ristoranti, palestre e negozi aperti, ma non è tutto come sembra e la crisi economica sta soffocando tutto il Paese. Oggi sulla Siria incombono, oltre alle violenze, anche altre minacce, come la povertà diffusa, che secondo l’Onu colpisce circa il 90 per cento della popolazione, e l’inflazione. Nei giorni scorsi a Sweida, città a maggioranza drusa, centinaia di persone hanno bruciato pneumatici, bloccato strade e scandito slogan anti-governativi proprio per protestare contro il peggioramento delle condizioni economiche e gli aumenti del prezzo della benzina. Gli esercenti locali hanno abbassato le saracinesche per protestare contro l’ennesima svalutazione della lira siriana. Una scena che ricorda «lo sciopero della dignità» andato in scena nel 2011 contro la repressione governativa dei manifestanti che chiedevano riforme e libertà. Le proteste avvengono in contemporanea anche nei centri urbani fuori dal controllo del governo centrale, nel nord-ovest e nel nord-est del Paese. E nell'ultimo mese ci sono state diverse proteste anche nelle zone costiere, roccaforte dei sostenitori di Assad.
Gli scioperi si ripetono, anche nei trasporti e il tasso di cambio della lira, fissato dalla Banca centrale rispetto al dollaro Usa, è fittizio ed è sempre più lontano da quello più alto praticato dai commercianti. La paralisi del sistema produttivo nazionale, le sanzioni internazionali l’inflazione e il collasso finanziario del vicino Libano colpiscono la popolazione civile. Ancor più complicata la situazione a Ras al Ain, città frontaliera al confine con la Turchia, che sta vivendo una drammatica crisi sanitaria e un assedio prolungato. Situata nel nord della Siria, la città è controllata da anni dal cosiddetto Esercito nazionale siriano (che risponde agli ordini di Ankara), ed è circondata da un lato dalle forze lealiste, dall’altro dalle milizie curdo-siriane delle Forze democratiche siriane e infine dalle truppe turche, che controllano il valico, che resta chiuso.
I medici dell’ospedale locale denunciano una grave mancanza di farmaci e personale. La popolazione più bisognosa si sta rivolgendo così ai contrabbandieri, che spesso forniscono medicinali scaduti e a prezzi proibitivi.

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