domenica 16 febbraio 2025
Nel quartiere più povero degli Stati Uniti, a meno di 10 chilometri dalla ricca Manhattan, gli istituti sono pronti a respingere gli agenti e dichiarare il lockdown, affiancati dai loro legali
La grande paura del Bronx. «Così nasconderemo i ragazzi dalle retate di Trump»

Ansa

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«L'Ice dovrà arrestare me prima di arrestare sua figlia». Berena Cabarcas parla al telefono con una mamma, una delle tante che da due settimane chiama ripetutamente per convincerle a rimandare a scuola i loro figli. Come preside dell’International community high school (Ichs), scuola superiore pubblica che accoglie adolescenti appena arrivati negli Stati Uniti con poco inglese, Cabarcas è in prima linea nella resistenza alla stretta sull’immigrazione di Donald Trump.

Le famiglie dei suoi studenti del South Bronx (il quartiere più povero degli Stati Uniti a meno di dieci chilometri da uno dei più ricchi, Manhattan) sono terrorizzate dalla decisione del neo presidente di revocare il divieto all’Immigration and customs enforcement, o Ice, la polizia del dipartimento per la Sicurezza nazionale, di effettuare arresti in “luoghi sensibili” come chiese, ospedali e scuole. Lo scopo della prassi di lunga data era non allontanare persone vulnerabili da servizi di base. E infatti la sua eliminazione, insieme alla promessa di Trump di avviare «la più grande deportazione della storia americana», ha fatto calare la frequenza media giornaliera delle scuole pubbliche statunitensi dal 90% abituale a meno dell’85%, secondo il ministero dell’Istruzione. Il che significa che quasi due milioni e mezzo di bambini e ragazzi mancano all’appello.

«Finora non è arrivato nessun agente – dice Cabarcas, che guida l’Ichs dalla sua fondazione nel 2006 –, ma abbiamo già subito l’impatto delle retate sui luoghi di lavoro, sia qui nel Bronx che dall’altra parte del fiume Hudson a Newark, che hanno avuto effetti devastanti su alcuni dei nostri ragazzi. Alcuni sono tornati a casa e hanno scoperto che i genitori erano stati detenuti e hanno dovuto fare da mamma e papà ai fratelli più piccoli».

Da quando Trump ha dichiarato guerra agli immigrati senza documenti, il personale dell’Ichs ha messo a punto un protocollo per proteggere i loro studenti, facendo leva sul divieto imposto dal dipartimento all’Istruzione della città di New York alle forze dell’ordine federali di entrare nelle scuole se non in circostanze molto limitate e urgenti, come una sparatoria. Ma la preside trova difficile dover reagire costantemente alle mosse del governo federale contro gli immigrati, che si intensificano di giorno in giorno. L'Ichs condivide la sede con due scuole medie in due edifici pericolosamente trascurati come i marciapiedi crepati che li circondano. Santiago Gonzalez, venezuelano padre di due bambini di 10 e 12 anni che come lui sono in attesa di una decisione sulla loro domanda d’asilo, ha continuato a portare i figli a scuola anche se lo riempie di ansia. “Ho fotocopiato i documenti della domanda di asilo e altre carte e li ho messi nei loro zaini — dice —. Ma non mi sento sicuro quando li accompagno o li vengo a prendere. Ormai non mi sento sicuro nemmeno quando esco di casa”.

La paura è più acuta nei nuclei in cui un membro è privo di documenti: 6,3 milioni di famiglie in tutto il Paese, secondo il Pew Research Center. È difficile sapere quanti genitori nei cinque distretti di New York tengono i propri figli a casa a causa del timore di essere deportati, ma si stima che dall’estate 2022 circa 48.000 nuovi arrivati. I senza documenti si siano iscritti alle scuole cittadine. Per legge, tutti i bambini presenti negli Stati Uniti hanno diritto all’istruzione pubblica, indipendentemente dal loro status, e le scuole non chiedono visti o permessi di soggiorno per l’iscrizione. Se a New York non ci sono ancora stati raid nelle classi, recentemente alcuni agenti federali si sono presentati in una scuola elementare di Chicago, ma il personale scolastico ha impedito loro di entrare.

Proteste a New York contro le retate della polizia anti-immigrazione

Proteste a New York contro le retate della polizia anti-immigrazione - Ansa

È quello che Cabarcas conta di fare se qualcuno non atteso chiede di entrare nel suo istituto, come ha spiegato nel corso di due sessioni informative con le famiglie degli studenti, in cui ha illustrato i loro diritti e le regole della città di New York che vietano la condivisione dei dati personali degli studenti con le autorità federali. Almeno per ora, perché l’attuale sindaco della Grande Mela, Eric Adams, è determinato a modificare le leggi che dal 1985 fanno della metropoli una città “santuario”. Adams ha coltivato un rapporto stretto con Trump, incontrando il suo “Zar di confine”, andando a trovare il presidente a Mar-A-Lago e partecipando all’inaugurazione a Washington.

Il sindaco, che l'anno scorso è stato incriminato per corruzione federale, ha anche detto che non criticherà Trump e ha rifiutato di prendere posizione sulla sua decisione di effettuare arresti nelle scuole. E questa settimana, Trump ha chiesto ai procuratori federali di archiviare le accuse nei suoi confronti provocando le dimissioni dei sei più alti procuratori statunitensi.

«Non mi sento per nulla protetta dal sindaco», dice Cabarcas, che è invece incoraggiata dalle direttive emesse di recente dal procuratore generale dello Stato di New York, dalla governatrice Kathy Hochul e dal dipartimento statale all’Istruzione. «Agli agenti dell'Ice non è consentito l'accesso alle scuole a meno che non forniscano un mandato giudiziario penale firmato da un magistrato federale. Le scuole non ammetteranno agenti sulla base di un mandato amministrativo o di altro atto sull’immigrazione”, si legge nelle linee guida, che poi si rivolgono direttamente ai presidi: «Se un funzionario governativo arriva nella tua scuola chiedendo informazioni o l’accesso e non ha un appuntamento, non consentirne l’ingresso», affermano. Nel caso in cui i funzionari riescano a entrare, i membri del personale scolastico devono chiudersi negli uffici amministrativi, mettere la scuola immediatamente in “lockdown” – come nei casi di minacce armate – e comunicare con gli agenti solo tramite l’interfono. E se un funzionario delle forze dell'ordine federali o locali richiede informazioni sugli studenti, la scuola deve immediatamente contattare l’avvocato della propria commissione scolastica e informare l’Ufficio Privacy statale.

Cabarcas ha diffuso copie delle linee guida agli insegnati e alle famiglie, sperando di rassicurarle, e si sta accertando di disporre di numeri di telefono accurati e aggiornati per le famiglie di tutti gli studenti nel caso in cui si presentino agenti dell'immigrazione e la scuola abbia bisogno di raggiungere rapidamente i genitori. «Speriamo che non succeda nulla ma non possiamo promettere alle famiglie che non si presenterà nessuno», dice la preside, consapevole che le istruzioni dello Stato sono già state contestate sia dal basso (dal sindaco Adams) che dall’alto (dal governo federale) e che una battaglia istituzionale sui diritti di scuole come la sua di proteggere i ragazzi potrebbe esplodere in qualsiasi momento, Il dipartimento per la Sicurezza nazionale di Trump, ad esempio, ha già fatto sapere ai governatori degli Stati “santuario” che «bloccare l’accesso a luoghi sensibili impedisce agli uomini e alle donne coraggiosi dell’Ice di far rispettare le nostre leggi sull’immigrazione e di catturare stranieri criminali – inclusi omicidi e stupratori – che sono entrati illegalmente nel nostro Paese”.

Per ora i 300 ragazzi dell’International community high school sono al sicuro e Cabarcas farà di tutto perché continuino a esserlo, possano dedicarsi a imparare l’inglese e a prepararsi per corsi professionali o l’università. «Se necessario, mi chiuderò con sua figlia nel mio ufficio», assicura per telefono alla mamma preoccupata. E questa, prima di riagganciare, promette che «domani la ragazza sarà in classe».


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