sabato 5 dicembre 2020
Il padre della ragazza cristiana: l'assassino la perseguitava da 5 mesi. L’uomo è in fuga, il suo complice è stato arrestato. Il Centro per la Giustizia sociale: raccolta firma per fermare gli abusi
Donne in Pakistan

Donne in Pakistan - Archivio Ansa

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Un’altra giovane cristiana pachistana è stata uccisa dopo una tentata conversione a scopo matrimoniale. Il 30 novembre la 24enne Sonia Bibi, che lavorava come domestica, è stata uccisa a Rawalpindi da un colpo di pistola alla testa sparato da un musulmano di nome Shehzad che aveva cercato, accompagnato da un amico, di convincerla a seguirlo. Il presunto omicida è al momento ancora ricercato, mentre l’amico-complice è stato fermato.

«Shehzad seguiva mia figlia da cinque mesi e aveva anche mandato la madre a casa nostra per la proposta matrimoniale. Loro però sono musulmani e noi cristiani, per questo ho rifiutato», tuttavia «lui aveva minacciato di uccidere mia figlia» ha dichiarato il padre Allah Rakha Masih alla polizia durante la denuncia. Una vicenda che si situa ancora una volta all’incrocio tra le dure condizioni di vita dalla maggior parte dei cristiani del Pakistan e la subordinazione, quando non l’aperta persecuzione a cui sono sottoposti.

La vittima era costretta a esporsi al rischio di rapimento e abusi per alleviare la povertà della famiglia di otto persone, dove il padre lavora come operatore ecologico e la madre ha dovuto sospendere l’attività lavorativa due anni fa a causa di un incidente sul lavoro che le ha semiparalizzato il braccio destro.

Numerose le reazioni, anche sui social media, a una vicenda che ha richiamato immediatamente alla mente quelle di Asma Yaqoob, coetanea di Sonia Bibi uccisa nel 2018 a Sialkot dopo essere stata cosparsa di liquido infiammabile dal corteggiatore musulmano. «Sonia avrebbe potuto salvarsi fuggendo con l’uomo, cambiando la religione d’origine e sposandolo anche contro la propria volontà», ha postato Samson Salamat, attivista cristiano che guida il movimento interreligioso per la tolleranza Rawadari Tehreek. «Da figlia coraggiosa ha invece scelto – come ricordato da Riaz Arif Malik, esponente della Chiesa del Pakistan – di salvare la dignità dei genitori e accettato la loro decisione». Un delitto che evidenzia ancora una volta la scarsa volontà di applicare le leggi, da un lato, e dall’altro l’incapacità delle autorità di sostenere la pressione dell’estremismo religioso che trova una sponda nella “legge antiblasfemia” che di fatto consente una serie di abusi contrari anche allo spirito della Costituzione pachistana.

Occorre un’attenta opera di sensibilizzazione, più volte rivendicata dai vescovi pachistani. Anche per questo, il primo dicembre è stata attivata una raccolta di firme da parte del Centro per la Giustizia sociale, iniziativa cattolica per i diritti umani e delle minoranze, a sostegno di una petizione indirizzata al primo ministro Imran Khan. Nella lettera che sarà consegnata l’8 dicembre, si chiede «una risposta ampia, concertata e urgente a tutela delle minoranze religiose rispetto alle reiterate violazione dei loro diritti, in particolare la conversione forzata delle donne».

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