lunedì 24 giugno 2013
Nicolas, 23 anni, è il primo accusato di «ribellione» a Parigi. La Manif pour tous si sta mobilitando in massa per la liberazione: «Pena troppo pesante». I parenti: misura sproporzionata, si rispetti il suo diritto di opinione, ma non si faccia di lui un eroe.
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Il ragazzo è ammanettato e sdraiato a pancia in giù su un sedile, presumibilmente quello di una camionetta della polizia. È stato condannato per direttissima a quattro mesi di prigione (di cui due sospesi) e a mille euro di multa. Ha già trascorso quattro giorni in cella, nel carcere di Fleury-Mérogis (Essonne, vicino a Parigi). Si chiama Nicolas Bernard-Buss, ha 23 anni ed è “colpevole” di aver manifestato contro la legge Taubira, quella sulle nozze gay in Francia. Per giunta, indossando una (pericolosissima) maglietta con il logo della famiglia. Nicolas è stato fermato una settimana fa, il 16 giugno. Insieme qualche amico, si è inventato tempo fa il gruppo dei “Veilleurs” (“Coloro che vegliano”), vicino alla Manif pour tous (il movimento di opposizione ai matrimoni omosessuali). Scegliendo una forma di protesta “estrema”: poesie, canti e candele. Con queste “armi”, lui e i suoi compagni si sono radunati, domenica scorsa, con altre 1.500 persone, davanti alla sede della televisione M6, a Neuilly-sur-Seine, dove il presidente François Hollande (che il 18 maggio ha promulgato la contestata legge) partecipava a una trasmissione. Da lì, i ragazzi si sono spostati sugli Champs-Élyséè per una manifestazione del tutto pacifica. Ma la polizia è intervenuta perché quel corteo era stato dichiarato «illegale» in quanto non denunciato in prefettura. E da questo punto in poi, le versioni divergono. I ragazzi assicurano di aver subìto, senza alcuna ragione, ripetute cariche della polizia. Gli agenti, riporta La Croix, sostengono invece di essere intervenuti solo quando hanno incontrato resistenza. «Sei poliziotti ci hanno urlato di seguirli in Commissariato – ha raccontato Albert, uno dei Veilleurs –, neanche stessimo cercando di svaligiare una banca». Nicolas ha cominciato a correre e si è rifugiato in una pizzeria. Lì è stato raggiunto dagli agenti, che lo hanno arrestato. Le forze dell’ordine l’hanno accusato di «resistenza violenta» e di «insulto a pubblico ufficiale». Guardato a vista per due giorni, mercoledì il giovane è stato riconosciuto colpevole di «ribellione» e di essersi «rifiutato di fornire il Dna». Quindi: condanna, multa, mandato d’arresto, galera. La prima sentenza di un militante anti-nozze gay. Una decisione «grottesca», spiega l’avvocato Henri de Beauregard, «perché il ragazzo è stato processato per delle infrazioni consecutive a una richiesta di arresto che non aveva ragion d’essere». Una “severità” che fa discutere. Anche tenuto conto di una precedente multa presa in maggio da Nicolas per aver tentato di lanciare dei fuochi artificiali dagli Champs-Élyséè. E pure considerando l’ipotesi di un atteggiamento forse impetuoso assunto dal ragazzo, e probabilmente ritenuto irritante dal giudice che l’ha condannato. «Il comportamento di tanti ragazzi della sua età», spiega il suo avvocato, Benoit Gruau. «Il problema non è quello – sottolinea –: non c’è proprio niente nel suo dossier. Il Tribunale, semplicemente, gli rimprovera le sue convinzioni». Tanti parlano già di «reato d’opinione» nella Francia di Hollande. Ma della polemica non c’è traccia, o quasi, Oltralpe, sui media italiani. La Manif, che parla di decisione «eccessivamente grave», si sta mobilitando massicciamente per la liberazione di Nicolas. E in un comunicato denuncia «l’utilizzo di due pesi e due misure». Al ragazzo quattro mesi di prigione, viene spiegato, «alla persona che ha aggredito un Veilleur con un coltello da cucina a Lille, solo 48 ore di guardia a vista e poi la libertà»». Gli amici di Nicolas hanno aperto una pagina Facebook per sostenere il primo «prigioniero politico» del governo Hollande. La famiglia del ragazzo ha rivolto un appello alla calma, chiedendo che non se ne faccia un eroe, tantomeno un martire. Ma i parenti si dicono stupiti per la pena «sproporzionata». E vogliono sia rispettato il diritto di opinione. Suo. E di tutti.
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