lunedì 14 maggio 2018
Nelle manifestazioni di protesta almeno 58 le vittime, tra loro anche 8 adolescenti. Oltre 2.800 i feriti. È il giorno più sanguinoso nel conflitto israelo-palestinese dalla guerra del 2014
Una dimostrante con la bandiera dell'Autorità nazionale palestinese (Ansa)

Una dimostrante con la bandiera dell'Autorità nazionale palestinese (Ansa)

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È un bollettino di guerra, che si aggrava di ora in ora. Almeno 58 palestinesi sono stati uccisi e oltre 2.800 feriti negli scontri esplosi stamani fra manifestanti della Striscia di Gaza e soldati israeliani lungo la barriera che segna il confine con Israele, nel giorno dell'inaugurazione dell'ambasciata statunitense a Gerusalemme e nel 70° anniversario della fondazione di Israele. A fornire il bilancio delle vittime è il ministero della Sanità di Gaza. Per Amnesty International, tra i morti ci sono «anche 8 adolescenti».

Si tratta del giorno più sanguinoso nel conflitto israelo-palestinese dalla guerra del 2014.

Gli ospedali di Gaza hanno lanciato appelli alla popolazione affinché giunga in massa per donare sangue. Le autorità hanno chiesto all'Egitto aiuti medici immediati e l'autorizzazione a trasferire oltre frontiera i feriti più gravi.

Israele sostiene di aver aperto il fuoco solo quando necessario per fermare attacchi, danni alla barriera di confine e tentativi di infiltrazione sul suo territorio.

Il primo a morire è stato un 21enne, Anas Qudieh, a Khan Yunis, nel sud della Striscia. Poi un 28enne identificato come Musab Abu Leila, ucciso a Jabalya, a nord. Successivamente il ministero della Salute ha fornito l'identità di altri cinque morti, tra cui un minorenne: Izaldin Musa Al Samak, di 14 anni; Obaidan Salem Farhan, di 30; Mohamed Ashraf Abu Stah, 26; Izaldin Nahid al Aweiti, 23; Bilal Ahmed Abu Daqa, 26. Almeno 250 feriti sarebbero stati colpiti da fuoco vivo, altre centinaia sono intossicati da gas lacrimogeni.

In precedenza, erano 54 i palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza da spari israeliani dall'inizio della Marcia del Ritorno, il 30 marzo, organizzata ogni venerdì lungo la barriera per chiedere il "diritto al ritorno" a 70 anni dall'esodo del 1948.

L'esercito: «Sventato attentato terrorista di Hamas»

L'esercito israeliano accusa Hamas di «dirigere un'operazione terroristica sotto la copertura di masse di persone in 10 località a Gaza». In particolare l'esercito afferma di aver sventato un attentato vicino a Rafah, nel sud della Striscia. «Un commando di tre terroristi armati - ha detto un portavoce - stava cercando di deporre un ordigno. Le nostre forze hanno reagito e i tre sono morti». Secondo i media, i militari hanno fatto ricorso a un carro armato.

Il portavoce ha aggiunto che velivoli israeliani hanno colpito anche un obiettivo di Hamas a Jabalya, dopo che da lì erano partiti spari.

Fonti locali riferiscono inoltre che un aereo da combattimento israeliano ha colpito con almeno un missile un obiettivo nel Nord della Striscia.

L'Anp chiede un intervento internazionale

Il governo dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) accusa Israele di avere commesso un «terribile massacro». In una dichiarazione, il portavoce del governo palestinese Yusuf al-Mahmoud ha chiesto «un intervento internazionale immediato per fermare il terribile massacro a Gaza commesso dalle forze di occupazione israeliane contro il nostro popolo eroico». Il governo palestinese ha base a Ramallah, nella Cisgiordania occupata.

Nella Striscia sciopero e mobilitazione di massa

Fin dal mattino migliaia di palestinesi si erano radunati in diversi punti della barriera, mentre cecchini israeliani erano posizionati dall'altra parte. Piccoli gruppi di manifestanti hanno cominciato a lanciare pietre verso i soldati, che hanno risposto sparando.

Nella Striscia è sciopero generale, mentre mezzi pesanti trasportano i manifestanti al confine e dagli altoparlanti delle moschee i muezzin esortano a raggiungere il milione di presenze alla protesta di massa. In concomitanza con il 70° anniversario della fondazione d'Israele, i palestinesi commemorano domani la Nakba, il ricordo delle oltre 700 mila persone costrette a lasciare le proprie case nel 1948.

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Hamas: «Non moriremo da soli». Al-Qaeda chiama al jihad

Nei giorni scorsi Hamas ha diffuso un video in ebraico rivolto ai residenti delle comunità israeliane vicino al confine con Gaza: «Siete stati avvisati, attraverseremo il confine e raggiungeremo tutte le vostre comunità. Non moriremo da soli». Anche il leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, ha lanciato un appello al jihad, sottolineando che Trump, «è stato chiaro ed esplicito, e ha rivelato la vera faccia della Crociata moderna: l'essere accomodante non funziona con loro, ma solo la resistenza attraverso il jihad».

Inaugurata l'ambasciata Usa, Trump: «È un grande giorno»

Il presidente americano Donald Trump ha salutato così l'inaugurazione dell'ambasciata Usa a Gerusalemme: «È un grande giorno oggi per Israele. Complimenti!». E a proposito delle vittime, ha detto: «È colpa di Hamas».

Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, parlando all'inaugurazione, ha ringraziato il presidente Usa: «Presidente Trump, riconoscendo la storia ha fatto la storia», ha detto Netanyahu. E poi ha aggiunto: «Siamo a Gerusalemme e siamo qui per rimanerci». Riferendosi alle violenze lungo la frontiera con la Striscia di Gaza, Netanyahu ha aggiunto: «I nostri coraggiosi militari proteggono i confini di Israele anche mentre stiamo parlando. Vi rendiamo onore!».

La delegazione presidenziale Usa era guidata dal vice segretario di Stato John Sullivan e composta, tra gli altri, da Ivanka Trump con il marito Jared Kushner, entrambi collaboratori della Casa Bianca, nonché dal segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin.

«A nome del 45esimo presidente degli Stati Uniti d'America, vi diamo ufficialmente il benvenuto per la prima volta all'ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme, capitale di Israele» ha detto Ivanka Trump scoprendo lo stemma sul muro della legazione.

Dopo l'inno nazionale l'ambasciatore Usa in Israele, David Friedman, ha preso la parola. Friedman si è riferito alla sede dell'ambasciata parlando di «Gerusalemme, Israele», suscitando un applauso scrosciante. «Oggi manteniamo la promessa fatta al popolo americano e accordiamo a Israele lo stesso diritto che accordiamo a tutti i Paesi, cioè il diritto di designare la sua capitale», ha dichiarato.

«La nostra più grande speranza è la pace» ha detto Trump, in un messaggio preregistrato. «Gli Stati Uniti - ha aggiunto - rimangono pienamente impegnati a facilitare un accordo di pace duraturo».

Tra i 32 Paesi rappresentati presenti anche 4 Paesi europei (Austria, Repubblica Ceca, Ungheria e Romania) nonostante la ferma condanna di Bruxelles per la decisione di Washington. Nessun delegato invece dell'Unione Europea, né di Russia, Egitto e Messico.

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