lunedì 23 giugno 2025
Stop agli attacchi entro l’alba. Il regime si era vendicato senza pungere. Khamenei: «Non abbiamo aggredito, non ci piegheremo»
Oltre 2oo missili israeliani sull'Iran. Terrore a Teheran

Oltre 2oo missili israeliani sull'Iran. Terrore a Teheran

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Se gli Usa sono intervenuti per disfare il programma nucleare iraniano senza che si sappia quali siano stati davvero gli effettivi danni, l’Iran ha reagito lanciando una serie di missili contro la principale base americana nella regione, in Qatar. Abbastanza per creare allarme. Non abbastanza per impensierire la contraerea Usa. Eppure sufficiente ad appagare le parti, tanto che in tarda serata il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato un cessate il fuoco "completo e totale" tra Israele e Iran, "tra circa sei ore". Tel Aviv e Teheran non hanno confermato immediatamente, ma già in piena notte sono state osservate manovre militari compatibili con l'imminente sospensione delle ostilità

I simboli nelle guerre mediorientali contano quasi più degli obiettivi colpiti: 14 sono state le bombe a penetrazione americane sganciate contro gli impianti nucleari iraniani, e 14 sono stati i missili attivati da Teheran ieri contro obiettivi Usa. L’operazione è stato chiamata “Annuncio della vittoria”. Titolo buono per la propaganda interna, dopo che in mattinata Israele aveva colpito un altro simbolo, la prigione di Evin, dove il regime detiene brutalmente oppositori e dissidenti.

La reazione degli ayatollah era stata promessa dopo che nella notte tra sabato e domenica i bombardieri americani avevano sfondato il sottosuolo dove Teheran nasconde gli impianti per l’arricchimento dell’uranio, specialmente a Fordow. L’Aiea, l’agenzia Onu per il nucleare, ha assicurato che non c’è stata dispersione radioattiva, segno che le centrifughe possono essere state distrutte, ma che era stato concesso tutto il tempo per trasferire altrove l’uranio.

A sua volta Teheran avrebbe avvertito per tempo della “vendetta”, come hanno poi confermato fonti citate dai media internazionali. Funzionari del Qatar sono stati informati in anticipo del raid, per ridurre al minimo il rischio di vittime. Secondo fonti citate dal “New York Times”, l’Iran doveva simbolicamente contrattaccare gli Stati Uniti, ma allo stesso tempo farlo senza scatenare un’ulteriore escalation. Una strategia simile a quella adottata nel 2020, quando Teheran avvisò l’Iraq prima di lanciare missili balistici contro una base americana nel Paese, per vendicare l’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani, ucciso per ordine di Donald Trump.
Ieri proprio il tycoon aveva evocato il “cambio di regime”, che passa anche dalla liberazione dei detenuti politici iraniani. E in mattinata i caccia israeliani hanno bombardato alcuni accessi del carcere di Evin, dove il regime detiene migliaia di oppositori e dove era stata rinchiusa fra gli altri la giornalista italiana Cecilia Sala. Il raid israeliano su Teheran ha visto piombare sul Paese oltre 200 missili sganciati dai caccia di Tel Aviv. «Prevediamo di completare la lista di obiettivi militari in Iran nei prossimi giorni, il che creerà un’occasione per concludere i combattimenti», ha riferito una fonte israeliana al Wall Street Journal.

Dal suo fortino nel quale neanche i suoi più stretti collaboratori avrebbero facile accesso, la guida suprema dell'Iran dopo giorni di silenzio ha voluto spiegare il perché della reazione: "Non abbiamo aggredito nessuno, non accettiamo l'aggressione di nessuno, non ci sottometteremo alle aggressioni di nessuno: questa è la logica della nazione iraniana". La nota è stata diffusa su "X" , accompagnata da un fotomontaggio che mostra una bandiera americana in fiamme mentre sullo sfondo appare una base militare ridotta in macerie sotto una pioggia di fuoco. Quando il post è stato diffuso, nessuna base Usa risultava aver subito danni equiparabili a quelli mostrati nell'immagine. Donald Trump che in fretta si è lasciato trascinare nel conflitto e altrettanto rapidamente sembra volerne stare fuori, non si è risparmiato toni vottoriosi: "Sono stati lanciati 14 missili, 13 sono stati abbattuti e uno è stato lasciato andare perché non era minaccioso. Nessun americano è rimasto ferito e i danni sono stati pressoché inesistenti".

Propaganda e simboli sono due pagine dello stesso spartito, eseguito a turno dalle parti coinvolte. Si colpiscono luoghi e contesti emblematici, ogni volta minacciando di far diventare la guerra non solo propaganda armata, ma conflitto incontrollabile. Ciascuno promettendo di colpire più duro, senza che si abbia la precisa percezione di quale sia la via d’uscita. Il Consiglio di Sicurezza Nazionale iraniano ha confermato in una dichiarazione di aver sferrato l’attacco, precisando che il numero dei missili lanciati era pari al numero delle bombe sganciate dagli Stati Uniti nel loro attacco sabato sull’Iran. «La base attaccata dalle potenti forze iraniane era lontana dalle strutture urbane e dalle zone residenziali in Qatar», continua la dichiarazione: «L’azione non ha rappresentato alcuna minaccia nei confronti del paese amico e fraterno Qatar e del suo nobile popolo». Fino a sera non sono giunte notizie di vittime da nessuno dei luoghi coinvolti. Difficile che potesse andare diversamente. “Voglio ringraziare l'Iran per averci avvisato in anticipo, il che ha permesso di non perdere vite umane e di non ferire nessuno. Forse l'Iran può ora procedere verso la pace e l'armonia nella regione, e incoraggerò Israele a fare lo stesso” ha reagito il presidente Trump, confermando i macabri "giochi di guerra".

Dei 200 missili israeliani sganciati ieri, alcuni sono invece piombati sulla cinta della prigione di Evin. Difficilmente l’attacco avrebbe potuto sortire una fuga di massa dei detenuti, ma non è escluso che l’aeronautica israeliana torni a completare il lavoro. L’agenzia di stampa Mizan, vicina alla magistratura iraniana, ha confermato che la prigione è stata colpita. Un video pubblicato dal ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar, mostra un’esplosione in un edificio con un cartello che lo identifica come l’ingresso del penitenziario. Alcune immagini della tv iraniana mostrano soccorritori estrarre alcuni corpi tra le macerie all’ingresso del centro di detenzione. Secondo alcune fonti iraniane anti-regime, nel reparto femminile vi sarebbe stato un tentativo di fuga di massa spento con la violenza dalla polizia. Ma le notizie che giungono dalla capitale iraniana restano spesso incongruenti. «È solo il primo accesso - spiega Cecilia Sala, la giornalista detenuta illegalmente per tre settimane nella prigione dei dissidenti -. Ci sono tanti altri controlli di sicurezza all’interno. Per entrare nella sezione di massima sicurezza femminile devi passare sotto un metal detector e calpestare le due bandiere dipinte a terra: quella americana e quella israeliana». Anche per Sala «l’esplosione è un avvertimento e un simbolo. Evin è una città-carcere dove sono rinchiuse le migliori menti politiche iraniane, come Mostafa Tajzadeh, che qualche giorno fa ha chiesto il cessate il fuoco in cambio di un’assemblea costituente in Iran, per rifare da zero il paese». Non è un caso che «per gli ospiti illustri di questo carcere nelle piazze iraniane degli ultimi anni i manifestanti gridavano: “L’Iran è una prigione. Evin è un’università”». La rete di informazione studentesca iraniana ha riferito che anche l’Università Shahid Beheshti, uno dei principali atenei di Teheran, è stata bombardata.
Sono «circa 500» le persone morte in Iran dall’inizio dell’attacco israeliano il 13 giugno. Lo ha riferito la tv di Stato iraniana, citata dalla Bbc che ha riportato il bilancio del ministero della Sanità del Paese e aggiungendo che i feriti sono oltre 3.000. Con il timore che alle vittime della guerra si aggiungano quelle di una repressione che a Teheran si farà ancora più dura.

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