
La giurista e attivista iraniana Shirin Ebadi, premio Nobel per la Pace nel 2003 - Ansa
«Mantenete la calma, stringete i denti, sopportate questa situazione difficile e, soprattutto, continuate la disobbedienza civile». È l’appello che Shirin Ebadi, giurista e attivista iraniana, premio Nobel per la Pace del 2003, lancia alla sua gente, a Teheran, dall’esilio londinese. «È solo così – sottolinea – che si può portare il regime a cadere».
Si aspettava questa brutale escalation?
In questo momento, odiano tutti e due.
Il popolo non ha dato retta a questo messaggio perché capisce da solo qual è il momento giusto per scendere in piazza a lottare. Lo ha già fatto in passato e lo rifà.
Non credo che la guerra contro Israele possa portare alla caduta della dittatura, la cui fine, definitiva e duratura, dipende dagli esiti della lunga battaglia che il popolo iraniano sta combattendo da anni per riappropriarsi del proprio destino. Finché questo regime sarà al potere, gli iraniani non potranno vivere in pace, anche se tra Teheran e Tel Aviv finisse la guerra. Il regime iraniano non rappresenta la società iraniana che disapprova la politica estera dell’ayatollah e dichiara di non essere nemica di nessun popolo.
Assolutamente sì. Ci sono moltissime persone in grado di guidarlo verso un futuro di libertà. Tra questi ci sono molti dirigenti di medio livello, parte della struttura governativa ormai contrapposta al regime, che conoscono le difficoltà della gente, dai problemi economici alle violazioni dei diritti umani, perché vivono tra loro. Non sono affatto preoccupata per questo…
Il regime è alle prese con la guerra contro Israele ma continua a colpire e martoriare la popolazione. Le autorità hanno dichiarato che chiunque diffonda notizie sulle conseguenze degli attacchi israeliani, foto e video delle devastazioni provocate dai missili di Tel Aviv, verrà incriminato. Nella città di Diaspur diverse persone sono state arrestate, semplicemente, per averle condivise sui social. Una femminista molto conosciuta, Mutaha Regulei, condannata e incarcerata per insurrezione ma liberata la scorsa settimana perché aveva scontato la pena, è stata di nuovo arrestata perché aveva scritto sui social una frase a criticare il conflitto in corso. Pare che il regime abbia dichiarato guerra a Israele e, insieme, al proprio popolo considerandolo un nemico da combattere.
Non credo che questo conflitto possa diventare globale, e non vorrei assolutamente che succedesse. Sono sicura, anzi, che non durerà a lungo.
Lo farei domani, se potessi. Io non ho paura del carcere che mi aspetterebbe in patria se facessi ritorno in questo momento, ci sono già stata. Ma penso che, adesso, sia più utile qui, in un Paese come il Regno Unito in cui posso parlare liberamente dando voce ai miei connazionali in Iran. Sto cercando anch’io di fare la mia parte.