martedì 26 luglio 2022
Fa discutere una decisione del Consiglio costituzionale che introduce regole concepite in chiave anti-jihadista
L'interno della chiesa di Saint Germain l'Auxerrois, a Parigi

L'interno della chiesa di Saint Germain l'Auxerrois, a Parigi - Ansa

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In un Paese come la Francia in cui la libertà religiosa rientra fra i principi costituzionali, è concepibile una legge che potrebbe nuocere a tale libertà? Oltralpe, la questione torna più che mai al centro del dibattito, nella scia di una decisione del Consiglio costituzionale che ha appena lasciato l’amaro in bocca a tanti fedeli.

Non a caso, sono stati fermi i toni di un comunicato diramato congiuntamente dalla Conferenza episcopale francese, accanto ai più alti rappresentanti protestanti e ortodossi, dopo essersi rivolti assieme proprio al Consiglio costituzionale – che svolge funzioni paragonabili a quelle della nostra Corte costituzionale – per una valutazione approfondita di diverse nuove disposizioni restrittive contenute nella cosiddetta legge «per confortare il rispetto dei principi della Repubblica».

Più nota come “legge contro il separatismo”, si tratta proprio di un testo che introduce restrizioni volute in partenza per prevenire il terrorismo e per arginare certe derive denunciate soprattutto nella comunità musulmana: ad esempio, in non poche città, le rivendicazioni verso le autorità municipali, da parte di gruppi insistenti e ben organizzati, per ottenere nelle piscine pubbliche certi orari riservati esclusivamente alle donne di confessione islamica. Varato il 24 agosto 2021, il nuovo testo aveva fin da subito suscitato forti critiche, soprattutto a proposito delle nuove restrizioni riguardanti le associazioni d’ispirazione religiosa.

Ciò ha spinto da mesi le Chiese cristiane a denunciare congiuntamente delle «gravi minacce alle libertà e ai principi fondamentali sui quali s’organizza il diritto dei culti in Francia»: ovvero, all’insieme di regole della laïcité risalenti alle leggi del 1905 e 1907.

Fra le nuove disposizioni, figurano un controllo ogni 5 anni del prefetto sulla natura religiosa dell’attività svolta, dei controlli rafforzati sulle stesse dichiarazioni rilasciate (al di là di quanto avviene nel resto del mondo associativo), accanto a controlli speciali sui finanziamenti provenienti dall’estero e sui bilanci delle entità d’ispirazione religiosa. Insomma, un brusco giro di vite che rischia d’asfissiare, sotto una cappa burocratica insostenibile, delle associazioni spesso gestite da semplici volontari, come nel caso di quelle dietro agli oratori e ai gruppi scout.

Le regole, concepite teoricamente in chiave anti-jihadista, rischiano pure di corroborare una sorta di sospetto generalizzato sulle attività abituali di milioni di fedeli. Il Consiglio costituzionale ha appena respinto la richiesta di bocciare le leggi, pur dichiarandosi attento, in vista dei regolamenti d’attuazione, soprattutto verso due punti specifici su cui ha espresso formalmente riserve. In proposito, le Chiese cristiane hanno sottolineato il fatto che il Consiglio costituzionale «ha riconosciuto, attraverso due riserve, l’esistenza di minacce inferte alla costituzionalità».

Per monsignor Éric de Moulins-Beaufort, arcivescovo di Reims e presidente della Conferenza episcopale francese, si è presa la strada di «un regime di vincoli che comporta molte incertezze e fattori d’instabilità a venire».

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